Toccato il record di blog-assenza, un breve riassunto. Per segnalare almeno alcune delle cose di cui avrei voluto scrivere (se il temporaneo pendolarismo non mi avesse tolto il tempo per farlo). Prima di tornare a postare come si deve, dalla prossima settimana.
– C’era una volta (un mese e mezzo fa) il festival di Angouleme. Un’edizione memorabile soprattutto per il clima di crisi (dettaglio: sorprendente delusione per l’allestimento della mostra su Uderzo, il più mediocre del decennio, tra le grandi mostre monografiche nella sede della Cité) e l’atmosfera da “fine di un ciclo” generazionale, che apre interrogativi sul complicato futuro che attende la manifestazione più importante d’Europa. Anche se non ne ho scritto qui come avrei voluto – mi sono pure preso una bella influenza – ho fatto in tempo a scriverne per Scuola di Fumetto, in edicola a marzo.
– Un po’ per caso un po’ per logica conseguenza di discorsi fatti con un autore (italiano), in quei giorni angoumoisini si è palesata un’idea che non mi aspettavo: l’idea di fare un fumetto. Per ora solo un’idea condivisa (a tre teste). Ma se smetterà di sembrarmi una di quelle follie che prendono forma durante i festival, c’è la possibilità che si passi dalle parole ai fatti. Non aggiungo altro al momento, ma se mai vedrà la luce sarà un “divertissement da fumettologo”, naturalmente.
– Intorno al 10 febbraio sono tornato a Angouleme. Sì, proprio quella cittadina che, a pochi giorni di distanza dal festival, pare l’ombra di sé stessa. Obiettivo, il solito corso di Storia del fumetto italiano agli studenti dell’EESI. Che anche questa volta mi ha riservato una sorpresa. Non solo le iscrizioni al biennio specialistico in Fumetto sono costante crescita, ma continuano a aumentare gli iscritti stranieri. E quest’anno ho trovato in aula ragazze e ragazzi provenienti da Libano, Messico e persino dalla Cina. Giovani la cui cultura del fumetto italiano è minima (Crepax, Pratt, Manara, Toppi e…Fior; niente Tex, niente Disney, niente Pepito, Igort e Gipi solo in parte). Insomma: un bel sintomo dell’inarrestabile internazionalizzazione ella cultura fumettistica, e un’appassionante sfida di docenza.
– Ma l’esperienza più intensa di questo mese l’ho fatta a Milano. Perché la prima Winter School in “Operatori editoriali per il fumetto e il graphic novel” – in Università Cattolica e IULM – è stata una delle faticacce più belle tra le mie docenze fumettologiche, grazie alla partecipazione calorosa degli allievi e alla generosità dei docenti che sono si sono alternati nella settimana di presentazioni, case histories, testimonianze. Alla faccia – sia detto con rispetto – dei giovani artisti francofoni della settimana precedente, sono davvero felice di avere avuto studenti italiani tanto preparati e motivati. E continuo a ritenere che il rapporto tra mondo del lavoro e mondo della formazione, anche nel fumetto, meriti di svilupparsi ancora di più. Per consentire alle competenze di formarsi ed esprimersi in modo meno frammentario. E per superare la fragilità delle logiche ‘storiche’ di cooptazione professionale, ancora troppo orientate al fandom.
– Durante quella stessa settimana, ho pensato di approfittare della concomitanza con la Social Media Week per mettere in piedi una chiacchierata con Makkox, Rrobe e Zerocalcare, visto quanto tempo perdono la loro competenza sui social media. Il risultato è stato non solo l’incontro più riuscito -dicunt- del festival, ma uno dei più partecipati talks che ricordi, tra quelli cui ho assistito in contesti non editorial-fumettistici. Come se non fosse bastato a stupirmi trovare una sala di Palazzo Reale strapiena per ascoltare di fumetto, e seguire il crescere dei tweet che stava portando #SMWmilan in trending topic, Makkox ha strappato a me e a tutti un applauso, grazie a una zampata da autentico “animale del web”: rimasto a casa per una banale influenza, ha seguito in streaming l’incontro, postando vignette di commento a quanto stavamo dicendo. Immersi in una specie di flusso da “social tv” – ma con noi in mezzo – ci siamo davvero divertiti.
– Chiusura di settimana – ormai quasi 10 giorni fa – con Bilbolbul, il festival cosmopolita per eccellenza, tra i grandi eventi fumettistici in Italia. Un festival che ha vissuto la sua edizione più jellata di sempre, ritrovandosi a cadere sotto elezioni e sotto una notevole coltre di neve. Eppure, non ha minimamente perso in energia. E il programma di mostre e incontri, se possibile ancor più ampio delle edizioni passate, non ha quasi mai faticato a riempire le diverse location. Forse proprio grazie all’intensità del suo progetto: votarsi non alla logica delle presentazioni editoriali, ma a quella della discussione tra persone differenti, per estrazione culturale come per provenienza geografica. E per quanto mi riguarda, gli incontri che ho condotto con autori austriaci, tedeschi, norvegesi, americani mi hanno lasciato – ancora una volta – quello strascico che solo i festival riusciti riescono a imprimere: il senso dell’energia che circola (anche) in questo settore.
– altro festival, altra idea di libro. Un saggio da scrivere a due mani, con una persona con cui da tempo aspettavo di fare qualcosa, se solo si fosse presentata l’idea giusta. Che è arrivata. E con calma, mettiamo nel cassetto anche questo progetto.
– al rientro, le elezioni sono andate come sono andate. Ovvero, paradossalmente. E una delle incarnazioni più nitide del clima caotico, imprevisto, dominato dallo sbalordimento per la crisi dei partiti tradizionali e per il successo dei dilettanti-allo-sbaraglio, è venuta da Gipi. Non tanto con la copertina di Internazionale di quel fine settimana, quanto con la folleggiante diretta (circa 10 ore) da casa sua il lunedì pomeriggio&sera, passata in streaming sul sito di Internazionale. Una maratona elettorale quanto mai straniante. In cui Gipi, invitando amici (tra cui i fumettisti Emiliano Pagani e Daniele Caluri) a ritrovarsi per seguire e commentare l’evoluzione dello spoglio, è riuscito a produrre una versione surreale di quel che avviene abitualmente in tante case: caciara, cretinerie, polemiche, slanci di immaginazione, risate. Un “programma” paradossale, per una serata altrettanto -alquanto- tale.
– tornato alla normalità, ho ripreso anche uno dei lavori in corso di questo periodo: l’edizione italiana del volumone 1001 Comics to read before you die (ne parlai qui). L’editore sarà Atlante. E oltre alla traduzione, ci saranno modifiche e integrazioni (più voci “italiane”) rispetto all’edizione originale UK. Un lavoro tosto, condiviso con una bella squadra di traduttori e collaboratori iper-competenti. Ma ne riparleremo a tempo debito.
– E infine: è iniziato il lavoro per la collana di Graphic Journalism in allegato al Corriere. Ah, già: anche di questo riparleremo al momento giusto (Aprile si avvicina).
Poi c’è il resto. E Febbraio è finito. Evviva.
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