La corrispondenza Fellini – Moebius

Esattamente trentatre anni fa, Federico Fellini scrisse una – ormai celebre – lettera rivolta a Moebius.

Si trattava della risposta ad una precedente missiva di Moebius, che a sua volta faceva seguito al loro primo incontro, avvenuto agli inizi del 1979. Nelle scorse settimane, dopo la morte di Giraud, mi sono reso conto che – quantomeno in rete – non esistono traduzioni complete di questa corrispondenza (che sulla stampa anglofona, peraltro, è riemersa priva della prima delle due lettere, finendo per essere dipinta come “fan-letter”), e riprendendo i due testi – rispolverati per esempio da Arte.tv – ho pensato, semplicemente, di trascriverli qui.

La lettera di Moebius, datata Primavera 1979:

Federico,

Avrei voluto scriverti il giorno stesso del nostro incontro, poi il giorno dopo, poi tutti i giorni … ma il programma di un viaggiatore è imprevedibile, e ad ogni modo il mio è davvero carico. E così solo ora sono finalmente in grado di soddisfare il mio desiderio.

Naturalmente pensavo di esprimere i miei ringraziamenti, come è d’uso fare … ma la forza di quel che ho provato durante il nostro incontro è tale che la cornice delle abitudini mi sembra scoppiare in mille pezzi.

Sento ancora l’energia positiva che improvvisamente mi ha avvolto, non appena ci siamo visti, come se un angelo ci stesse avvolgendo con la sua aura calorosa. Sento ancora la bontà delle tue braccia quando mi hai stretto a te, come se fossi improvvisamente diventato un ragazzo stretto affettuosamente da uno zio gigantesco …

Che esperienza! Raramente ero stato immerso in un simile bagno di giubilo interiore, con una bella schiuma di soddisfazione intellettuale e un simile profumo di giustezza spirituale.

Smetto qui di violare il tuo pudore con i miei complimenti, abbiamo già dovuto farteli mille volte. Sappi tuttavia che hai fatto un dono meraviglioso a Moebius, e che l’occhio che aiuta a scegliere la giusta luce non è stato stimolato solo sul piano materiale.

Spero di avere un’altra occasione di incontrarti … Nel frattempo ti auguro buona vita, con amore, amori e luci, e luce! …

La lettera di Fellini, datata 23 giugno 1979:

Caro Moebius,

Tutto ciò che fai mi piace, anche il tuo nome mi piace. Nel mio film Casanova, ho chiamato il vecchio medico-erborista omeopatico, metà mago metà stregone, “Moebius”. Era il mio modo di mostrarti il mio affetto e riconoscenza, perché sei davvero meraviglioso. Non ho mai avuto il tempo di dirti quanto e perché. Spero di potertelo esprimere ora.

Sono nel bel mezzo delle riprese, e come al solito mi sento sospeso come in un delirio febbrile – forse questa volta anche un po ‘più febbrile del solito. Talvolta ho la netta sensazione di dovere ancora iniziare le riprese, eppure altre volte mi sento come se avessi già finito molto tempo fa. Vivo come se fossi sospeso in uno dei tuoi universi obliqui, senza peso.

Mi dispiace che questa lettera sia un po ‘affrettata e forse tenda a divagare, tanto più perché la gioia e l’entusiasmo che mi danno i tuoi disegni richiederebbe la massima precisione, e vorrebbero che ti dicessi tutto, subito e tutto insieme.

Lasciami allora almeno dire che, scoprendo ciò che fai tu, e i tuoi colleghi a Métal Hurlant, ho subito ritrovato una sensazione toccante – come di fronte a un appuntamento meraviglioso che ci era periodicamente promesso – che avevo conosciuto solo da bambino, tra due consegne del nuovo numero del “Giornalino della Domenica”, che portava i racconti delle avventure di “Happy Hooligan” e dei “Katzenjammer Kids”.

Che grande regista saresti! Ci hai mai pensato?

Ciò che più stupisce nei tuoi disegni è la luce, soprattutto nelle tavole in bianco e nero: una luce fosforica, ossidrica, come una luce perpetua, che viene dai limbi solari…

E’ un mio vecchio sogno riuscire a realizzare un film di fantascienza. Ci penso da tempo, e ci pensavo da ben prima che venisse la moda attuale per questi film. Tu saresti senza dubbio il collaboratore ideale, ma penso che non ti interpellerei mai, perché sei troppo completo, la tua forza visionaria è troppo forte: cosa mi resterebbe da fare, in queste condizioni?

Ecco perché, caro Moebius, non ti dico che questo: continua a disegnare favolosamente, per la gioia di noi tutti.

Buon lavoro e buona fortuna,

Federico Fellini

Gli anni 60 secondo Guido Crepax

Tra le pagine di autori italiani più interessanti, l’antologia Someday Funnies (di cui avevo postato qui una tavola firmata Federico Fellini) ne presenta una di Guido Crepax. Tra i primi ad essere contattato, all’epoca, dal giornalista di Rolling Stone, Crepax realizzò una singola tavola in cui riassumeva la sua personale visione – tutta politica – del decennio che si era appena chiuso.

Rivista oggi, quella tavola mi è parsa particolarmente triste e, insieme, molto allegra. Per ragioni diverse, naturalmente.

Triste. Perché riporta la memoria a una relazione cupa e orribile, come quella tra i gruppi neofascisti dell’epoca e la contemporanea dittatura militare in Grecia, le cui scorie storiche sembrano tornare in queste settimane a galla, con i successi elettorali e le azioni violente del partito neofascista Alba Dorata, rafforzatosi durante la dura crisi socio-economica di questo biennio.

Allegra. Perché mostra un Crepax semi-dimenticato, eppure che ho sempre trovato di grande fascino: il Crepax a colori, in bicromie dotate di colori piatti e squillanti. Un Crepax che mi ha riportato alla mente la sua pressoché ‘rimossa’ storia di fantascienza L’astronave pirata, uscita nel 1967 per Rizzoli e poi ripubblicata sulla rivista (interamente in bicromia) “Off-Side”, tra il 1969 e il 1970. A mio avviso, una produzione di pagine esteticamente tra le più ‘sixties’ del fumetto italiano, con quel contrasto tra il suo segno figurativo, nervosissimo e nerissimo, con colori sfacciatamente gridati.

[cliccate x ingrandire]

PS Nella prima vignetta, l’ “intruso” è l’editor del volume – disegnato da Michael Fog – che ha pensato bene (e per questo NON gli facciamo alcun complimento) di raccontare la rocambolesca vicenda della genesi del volume, iniziata negli anni 70.

Record: 1,3 milioni di € per un originale di Tintin

Notizia fresca. Nella battuta d’asta interamente dedicata a Tintin presso Artcurial a Parigi, oggi, si è stabilito un nuovo record: quello del valore di un singolo disegno originale per un fumetto. Valore battuto: 1.338.509,20 euro.

In questo caso l’opera è un disegno a colori di Hergé, datato 1932, per la copertina della prima edizione del suo Tintin en Amérique. In sostanza, questo:

Record su record, per questo disegno, che già si era conquistato un ruolo di primo piano nel 2008, quando era passato di mano per un valore intorno ai 780.000 euro.

via L’Express

Comics mashup: Beppe Grillo + Jacovitti

da Il Male n. 32, in edicola

Fumettocopertine, redesignmania

Il blog Covered non è altro che il divertissement di un disegnatore non-professionista, Robert Goodin (che nella vita lavora alla serie American Dad). Un progettino nato 3 anni e mezzo fa per praticare un’idea tanto classica quanto sempreverde: creare illustrazioni che ridisegnano e trasformano copertine di fumetti (più o meno noti), in omaggio al linguaggio delle cover.

Un elemento in qualche misura innovativo è che si tratta di un progetto aperto, cui può partecipare chiunque seguendo semplici regole per la submission. Nel blog continuano così a comparire giovani studenti, amatori, autori sconosciuti e – non pochi – fumettisti affermati (Matt Kindt, Joe Jusko, Marcel Ruijters, Fred Hembeck, Paul Karasik, Ludovic Debeurme…). E il risultato è interessante, perché mettendo sempre a confronto l’originale con la ‘copia’ offre non tanto riletture parodistiche – niente mashup-infografiche-lol – quanto una testimonianza della diversità stilistica nel cover design. Con esiti spesso stimolanti, in grado di sottolineare dettagli e atmosfere, enfatizzare stilemi e immaginari, ricollegare elementi e simboli:

Adèle Blanc-sec by Marcel Ruijters

Wild dog by Matt Kindt

Tra le interpretazioni più impreviste, due delle mie preferite: Paul Karasik e Ludovic Debeurme.

Per una selezione di altri esempi, una vecchia intervista a Goodin su Wired