Qualche giorno fa, sceso dal treno ad Angoulême (al solito, in periodo non festivaliero, cittadina allegra come un banco di nebbia), mi sono imbattuto nei canonici strilli della stampa locale. Rispetto al solito, avevano qualcosa di sarcasticamente italiano: “Cultura est arrivée”, recitava qualche titolo. Peccato che, in questo caso, la parola *cultura* andasse intesa in ben altro modo: un trademark. Quello della nota, ehm, catena della grande distribuzione:
Si trattava di una fresca notizia attesa da tempo: il festival di Angoulême, abbandonato pochi mesi fa (e malamente) da una Fnac in crisi ma anche delusa dai risultati, ha trovato un altro main sponsor in un medio-grande retailer nazionalpopolare (stessa proprietà di Auchan, per capirci; 52 punti vendita in Francia, soprattutto in provincia) dedicato a libri e prodotti culturali. Cultura, appunto [pronuncia: culturà].
Navigo sul sito e scopro che Cultura ha avviato la campagna dicembrina con il claim “fornitore ufficiale di Babbo Natale”. Alzo gli occhi dal telefono, e vedo che anche il Comune di Angoulême ha avviato una campagna natalizia. Guarda caso, il claim è fumettistico, con tanto di celebre espressione di Astérix, in un balloon:
Per quanto riguarda il corso che ho tenuto all’EESI, la vera novità è stata nella composizione degli studenti. Per la prima volta, al di là dei soliti (notevoli) talenti tra gli aspiranti autori, ho trovato in aula persone venute per approfondire solo gli aspetti storici e teorici del fumetto. Una presenza che dimostra la complessità crescente della richiesta di formazione sul fumetto. Cui si aggiungono, peraltro, studenti venuti non dal solito iter artistico, ma da quello letterario. Scrittori, disegnatori, critici, docenti, curatori: ecco cosa riesce a formare un curriculum fumettistico completo e moderno, che riesca a integrare teoria e pratica.
Ma la formazione, qui, funziona anche perché non è isolata, e la relazione fra EESI, Cité, Maison des Auteurs continua a dare frutti interessanti, con mostre, workshop ulteriori, e la continua attrazione di talenti internazionali grazie alle politiche di residenza d’artista. I nuovi arrivati, tra i fumettisti stranieri residenti, sono gli statunitensi Matt Madden e Jessica Abel, che si fermeranno qui per ben due anni; lei con due bei progetti (uno US e uno francese), lui con altri progetti e l’abituale quantità di idee oubapiane. [inciso: uno spasso, peraltro, sentirli ricordare la scena indie italiana degli anni 90, che conobbero in ripetute occasioni].
In un buon pomeriggio, sono riuscito anche a visitare le mostre attualmente in corso alla Cité de la BD et de l’Image e presso il Musée de la BD. Due piccole mostre quelle alla Cité – il festival si fa imminente e gli spazi sono tenuti pronti ai nuovi allestimenti – Luxe et Beauté e Raymond Poïvet. La seconda, dedicata a un autore popolare ormai semidimenticato, mi è parsa quella più interessante. Sia per la qualità del segno e dell’immaginario, sia per un vero proprio scoop che la riguarda.
Tra le storie esposte ce n’è infatti una poco celebre, Allô ! Nous avons retrouvé M.I.X. 315 ! Il est vivant. Nous allons le sauver !! che ricorda incredibilmente Arzach di Moebius. Una storia muta, sviluppata in una sorta di scrittura automatica, con dinoccolati scimmioni, e con creature alate preistorico-fantastiche, cavalcate a mani nude:
Potete leggerla per intero qua. E’ una storiella fantastica, realizzata con inusitata libertà – all’epoca – nella tecnica di scrittura, nell’espressione e nella produzione di un immaginario fantastico archeo/fantascientifico. Una prossimità evidente soprattutto sul piano visivo, che alcuni testimoni dell’epoca – Jean Pierre Dionnet (negli stessi commenti online) – hanno peraltro confermato: Moebius vide davvero quella storia, e ne rimase colpito. Al punto dal ripescarla dalla memoria (inconsciamente? consciamente? Questo non lo sapremo mai) al momento di realizzare quel viaggio archeo/sureeal/scifi che nel 1975 sarà Arzach, uno dei capolavori del fumetto europeo. Un’opera che, senza questa storiella del dimenticato Poivet, probabilmente non sarebbe mai nata.
Delle due mostre al Museo, invece, Dalì par Baudoin e Quelques instants plus tard… : art contemporain et bande dessinée, quella che mi è parsa più interessante è stata la seconda. Sia perché alcune delle 40 ‘coppie’ fumettista/artista hanno generato collaborazioni riuscite (Baudoin & Ben Vautier, Joël Ducorroy & Willem, Marc Giai-Miniet & Jacques de Loustal…), sia perché altre hanno prodotto memorabili tonfi. Quella che mi è piaciuta di più è stata in realtà il lavoro giocoso e al secondo grado di Christian Balmier, che creato una serie di lettere immaginarie, inviate da lui stesso a personaggi come Bianca Castafiore, memorabile vedette del più formalista tra gli albi di Tintin:
La collaborazione che mi ha sorpreso di più, però, è quella tra Milo Manara e Alain Declerq. I due hanno realizzato una enorme donna ritratta di spalle – intitolata “Proiettile perduto” [Balle perdue] – creando un’opera tanto banale quanto greve. Una sorprendente buzzurrata d’autore, diciamo:
Passeggiando per l’edificio della Cité, ho poi dato un’occhiata alle novità esposte nella Biblioteca. Scoprendo un piccolo dettaglio – un espositore dedicato ai libri in nomination per gli Essentiels – che dice sia dell’influenza del festival di Angoulême su alcuni luoghi di diffusione, sia dell’attenzione di certi spazi pubblici verso l’attualità della cultura fumettistica. Piccoli dettagli di un sistema più integrato (maturo?), potremmo dire:
Al Museo, invece, un’occhiata alla sezione delle opere permanenti mi ha fatto notare i “soliti” italiani che imperversano sul versante vintage: un originale di Luciano Bottaro, due dischi illustrati da Pratt:
E proprio mentre sono in Francia, scopro di essere finito in un aggregatore di feed fumettologici creato dalla stessa Cité. Un grande piacere. Ma ci sarebbe molto altro da dire. Sugli studenti, sui fumetti che ho letto (Spirou) o regalato (Dylan Dog), su quanto sia stato stimolante e soddisfacente il festival parigino SOB, sulle abituali polemiche festivaliere e sugli inquietanti retroscena (fosche visioni: il festival rischia una fine alla Ente Max Massimino Garnier a Lucca?), o su nuovi progetti in partenza proprio da qua.
Ormai, però, sono sulla via del ritorno. E a riaccompagnarmi al punto di partenza ci pensa un titolo surreale, da un articolo de Les Inrocks:
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