Bersani = Batman (in un ennesimo meme)

Il gruppo informale di “militanti digitali” del PD Trecento Spartani (altre info qua) ha diffuso in questi giorni un meme. La cui ispirazione è fumettistica: una serie di cartoline infografiche in cui si immagina un Bersani come Batman, e i suoi avversari alle prossime elezioni politiche come fossero i tipici villains di Gotham City:

montiberlusconipenguin

Cosa ne penso? Che si tratti di un divertissement tanto futile quanto ben fatto.

Quello che mi pare interessante osservare, però, è che si tratta dell’ennesimo episodio di una sorprendente tendenza degli ultimi anni, nell’immaginario della politica italiana: i ripetuti riferimenti a Batman (da Batman-Moratti a Batman-Fiorito) e ad altri supereroi. Il che, se pensiamo a quanto (poco) vendano i fumetti di supereroi, in Italia come altrove, potrebbe persino stupire.

Tuttavia sappiamo bene come il cinema abbia rimesso al centro dell’immaginario contemporaneo i character supereroistici. E la generazione dei ‘quarantenni’ oggi al potere nella comunicazione politica (inclusi alcuni politici, responsabili comunicazione, e giornalisti che immaginano le campagne, o che pensano alle metafore per descrivere certi fatti o comportamenti) ha potuto così rispolverarli dal proprio bagaglio di simboli pop adolescenziali.

Quel che continua ad accadere è quindi qualcosa che pochi anni fa sarebbe parso esclusivamente naif (o mediocre), e invece oggi pare naturale, persino banale: fondere una politica sempre più pop con alcune icone “per antonomasia” di un immaginario pop. I supereroi come simbolo esemplare, emblematico, leggendario di un’ironia pop che mescola toni retro’ e tendenze attuali. I supereroi, insomma, come una delle “regole del gioco metaforico” dei nostri tempi di crisi, di rincorsa delle nostalgie generazionali, di cittadini-consumatori consapevoli della finzionalità dei propri ‘eroi’ (fumettistici-e-politici).

Un piccolo sintomo di quel che si muove nella pancia dei simboli condivisi, su cui sarebbe utile (tornare a) riflettere. Un po’ per dire con chiarezza che l’epoca dei supereroi come “miti d’oggi” è finita per sempre: secolarizzati e de-costruiti, più che mitologie sono oggi delle commodities (splendidamente) decorative. Per dirla con un’espressione intellettual-giornalistica, più estetica che etica. Ma un po’ anche per comprendere che questa moda dei supereroi ‘arruolati’ nell’immaginario politico finirà, prima o poi. Sebbene debba confessare una sensazione: credo ci accompagnerà ancora per diversi anni. E in Italia più che altrove, vista una certa, comprensibile incompatibilità della politica con le icone fumettistiche nostrane.

Andy Warhol e Nico: Batman (1967)

Ebbene sì: nel 1967, per Esquire magazine, Andy Warhol e Nico posarono così:

via Retronaut (col doppio delle foto, peraltro)

Se il fumetto è un’opinione, Gaiman diventa papà di Batman (?) UPDATE

Repubblica, 21 luglio 2012. L’inviato Angelo Aquaro scrive sulla tragica sparatoria vicino a Denver, durante una prima del nuovo film di Batman. UPDATE:  il pdf della pagina completa di Repubblica (grazie a Quad).

ADESSO che tutto il mondo sa che l’ orrore ha davvero la maschera di Batman, il vendicatore buono che ieri la follia malata di un fuoricorso ventiquattrenne in neuroscienze, James Holmes […]

è arrivato facendosi strada nel suo giubbotto antiproiettile al lancio di lacrimogeni: e poi cominciando a sparare impassibile. «È orribile» dice adesso Neil Gaiman, che non è un testimone scampato al massacro: è il papà di Batman, e forse anche della follia di un fuoricorso di neuroscienze che ha macchiato di sangue perfino il sogno dei supereroi.

Questa piccola perla di disinformazione sul fumetto l’ho notata ieri grazie a un tweet di @Zeropregi, che ha anche scattato una foto dell’articolo (a questa ne sono seguite altre, tra cui quella di Goddamnwalls che posto qui, a futura memoria):

Come hanno notato in diversi, l’errore è marchiano. E per diversi motivi.

Il più ovvio, per i fumettòfili, è che Batman non è certo un character sconosciuto, del quale è facile non avere alcuna coordinata storica. Siamo di fronte a un successo nato non ieri, ma nel 1939. Giornalisticamente parlando, peraltro, qualche sospetto sul fatto che il suo “papà” sia ancora in giro a rilasciare dichiarazioni sarebbe potuto venire.

L’altro motivo è poco fumettòfilo e ancor più banale: in assenza di certezze sull’identità del creatore di Batman, un occhio a Wikipedia poteva essere d’aiuto, sia all’inviato che al redattore desk.

Ma recriminare con la penna rossa in mano serve a poco. E’ fumetto: il fact-checking rapido, fatto in redazione all’ultimo minuto prima di andare in pagina con notizie su ben altro, non è prioritario. Possiamo accettarlo sereni – e può capitare, in momenti di emergenza,  con tempi compressi.

Più sorprendente, in questa occasione, è semmai altro: la contingenza in cui è accaduto di parlare di Batman.

Non sono infatti giorni qualsiasi, questi: siamo sommersi (in USA soprattutto) dalla comunicazione intorno al nuovo film diretto da Christopher Nolan. E l’attenzione dei media su Batman pare certamente desta: le recensioni fioccano, le indiscrezioni fioriscono, le informazioni circolano. E il nome del vero “papà” pure: sono giorni in cui c’è una elevata probabilità di sentir parlare di Bob Kane.

Eppure, capita.

Poi però succede che non tutti i casi sono uguali. E qui c’è di mezzo, appunto, Neil Gaiman. Che non è il papà di Batman ma, oltre ad essere un fumettista di un certo peso, è una vera e propria Twit-star, con 1 milione 700 mila e rotti followers. E quando oggi un utente italiano ha twittato a @neilhimself la foto dell’articolo di Repubblica, Gaiman ha risposto così:

Il che mi pare significhi due cose:

  • grande ironia da parte di Gaiman (come ha notato Giorgio),
  • ma anche un sarcasmo umiliante per i giornalisti italiani, trasmesso in tweetmondovisione.

E chissà che la prossima volta, prima di scrivere sulla paternità di uno dei più noti fumetti, non si riescano a trovare quei 30 secondi. Sufficienti a evitare il ditino puntato di un opinion leader internazionale.

The Dark Knight rises – and crashes

Il titolo del post viene da un articolo comparso sul sito dell’università di Leicester. La quale, con una news da “giornalismo da spiaggia”, sfrutta l’onda di attenzione per il nuovo film su Batman (in uscita la prossima settimana), e rilancia un’analisi pubblicata nell’inverno scorso dalla rivista accademica “Physics special topics”.

Il breve studio in questione, svolto da un gruppo di studenti di fisica inglesi, è un’esercizio scientifico alquanto nerd. Prova infatti a dimostrare cosa accadrebbe se Batman provasse a lanciarsi da un palazzo alto 150 metri e, sfruttando l’apertura alare del suo mantello (4,7 metri – circa la metà di un deltaplano), cercasse di planare a una distanza di almeno 350 metri.

Risultato: Batman si troverebbe ad atterrare alla velocità di circa 50 miglia all’ora, ovvero 80 km/h. Detto altrimenti: si farebbe male, molto male.

via LeMonde

Quando Moebius disegnò Ratman…

… fu solo come parodia di Batman, per la (in)dimenticabile collana Penthouse Comix:

via airtightgarage