Così vicini, così lontani: Francia e Italia, tra fumetti e Poste

Il blackout di Poste Italiane ha prodotto da giorni disservizi di cui stanno parlando tutti i media. Ci sono rimasto impigliato indirettamente anch’io, mentre cercavo di modificare un contratto con un operatore telefonico, anch’esso travolto dai rallentamenti nei sistemi integrati.

Ma il fatto rilevante, per questo blog, è che la notizia offre l’occasione per una digressione fumettologica. Che mi ha fatto pensare all’ennesima differenza tra Italia e Francia: nel fumetto, e – contemporaneamente – nelle Poste.

E dunque: prima la (doppia) notizia, poi i commenti.

Le Poste nostrane, un anno fa, presentarono una campagna pubblicitaria (curata da Ogilvy) per il lancio del servizio BancoPosta Più, esplicitamente legata a un’estetica fumettistica. La campagna – blandamente multisoggetto – declinata tra affissioni stampa e below-the-line, aveva un tratto progettuale forte: era tutta realizzata con illustrazioni, dallo stile tra il vintage e il retro’, che richiamavano le copertine di magazine di fumetto “popolari” anni ’40 (a loro volta nella tradizione delle cover dei pulp magazine primonovecenteschi). Memorabile, per i milanesi, il telone che campeggiò l’estate scorsa all’esterno degli uffici in piazza Cordusio. Posto di fronte al palazzo di (allora) Unicredit, generò un paradossale accostamento tra kitsch e altafinanza che – non so voi – a me suonò come un caso di piccola, inconsapevole follia:

Un dettaglio dal sito web

Il telone in p.za Cordusio, estate 2010

Anche le Poste francesi, di recente, hanno scelto di usare il fumetto per una vasta campagna. Per farlo, l’agenzia di turno (qui Euro RSCG) ha scelto di coinvolgere il fumettista Lewis Trondheim. La declinazione è stata qui fortemente multisoggetto, legata a una strategia differente dal caso italiano: mezzi diversi = testi pubblicitari diversi. Un progetto multipiattaforma coerente e immersivo, fatto di diverse tipologie di prodotto pubblicitario per i diversi mezzi, ovvero: affissioni; 10 video animati per comunicare i servizi online, in un apposito canale YouTube – peraltro completamente ridisegnato graficamente; alcuni brevi strisce, vere e “pubblicità a fumetti” realizzate per i supporti a stampa; banner online in forma di vignette.

Un fumetto dalla campagna stampa

Il redesign del canale YouTube

Dunque, quali somme potremmo trarre dalla comparazione di questi due casi? Almeno quattro considerazioni:

  1. in Francia si è scelto un professionista affermato; in Italia, siamo a Carneade
  2. in Francia la firma dell’autore è quindi non solo riconosciuta dal mondo produttivo, ma anche comunicata come un valore aggiunto: una campagna può essere anche un intervento (d’autore), oltre che un evento (un progetto originale). “Trondheim si lancia nella pubblicità”, ha prontamente scritto France Soir
  3. in Italia si è scelto un tono comunicativo retro’, l’allusione a un pop “canonizzato”; in Francia si è optato per un pop meno ipostatizzato e più personale. Aprendo così a un “senso del tempo” non astorico, ma propriamente contemporaneo.
  4. in Italia l’estetica è realistica e suggerisce allusioni avventurose; in Francia l’estetica è anti-realistica e caricaturale, e suggerisce ritmo, gioco, energia.

Voglia di giocare con i segni e con un protagonista del disegno, qui e ora, in Francia. Desideri escapisti, e disincarnati, verso un orizzonte di sogni nostalgici, in Italia.

Corollario.

Ecco la brillante semantica, per la grande comunicazione istituzionale italiana: sognare. Ché poi la realtà arriva. E finisce che ti si piantano i sistemi informatici. E mezzo Paese ti maledice. Ma almeno, per quei 5 minuti/giorni/mesi, hai sognato.

Se poi sei Il Grande Comunicatore, e governi il Paese con gli stessi sogni da 20 anni, magari capita che la realtà arrivi anche per te. In forma di voti.

11 Risposte

  1. … il problema è che per sognare prima ti fanno addormentare… e si sa, il sonno della ragione genera mostri!

  2. Punti 2 e 3: avevamo dubbi a tal proposito?
    E aggiungerei anche: peccato che il pop “canonizzato” che citi, è solo una finta canonizzazione realizzata senza i giusti strumenti. “Risciacquatura di piatti”, come si dice dalle mie parti 🙂

  3. Ottima analisi, Matteo.
    Ma si potrebbe riassumere tutto in una frase: Per il Francese medio, il fumetto è Trondheim. Per l’Italiano medio (tra cui i dirigenti di Poste) il fumetto è Tex.

  4. Luigi e Luca: condivido.

    Gli esempi di Luca, però, non rendono l’idea.
    Non tanto perché Trondheim non mi pare rappresentare l’idea di fumetto medio per i francesi (ci vedrei altro).
    Ma perché nel caso italiano siamo anche distanti da una cultura fumettistica legata al modello bonelliano: come iconografia siamo proiettati ancora più all’indietro, e come stile di disegno (l’estetica di questo specifico realismo pre-bonelliano, dalla linea incerta e abbozzata) siamo a più vicini a un Walter Molino o a un Albertarelli.
    Cioè dire: magari fossimo a richiamare il realismo neoclassico di un Ticci…qui siamo ancora all’Ottocento da Domenica del Corriere!

  5. poi però quando c’era un fuoriclasse di nome Benito (Jacovitti, chi pensavate?!) i suoi disegni e fumetti pubblicitari facevano vendere l’iraddiddio di gelati… portando un altro gigante come Cavazzano a disegnare sui biscotti anche decenni dopo… cmq di strada ne rimane un bel po’ ancora, ahinoi…

  6. […] divagazioni, brevi segnalazioni, divertissement e sintetiche notizie commentate. Per esempio uno dei suoi ultimi post, dedicato alle recenti campagne d’immagine delle Poste italiane e delle Poste francesi, è una […]

  7. Su Fumetto d’autore, in calce all’articolo della rubrica Moleskine in cui si parla anche di questo tema, c’è un interessante commento di “Val70” circa l’efficacia iconografica della scelta estetica della campagna delle Poste Italiane. Lo riporto:
    «stranamente io opto per la scelta italiana, in quanto il disegno ricorda vagamente certe copertine bonelliane di galeppini o di galieno ferri in Zagor. forse è un segno datato, ma teniamo conto che alla posta ci vanno per la maggior parte pensionati – che magari hanno conosciuto quei fumetti, e comunque facilmente possono identificarsi in quel tipo di linea e di messaggio.»

    • l’associazione Italia = galleppini, anche se grossolana, ci può stare. Ma occhio: qui parliamo di aziende, prodotti, pubblici e campagne specifiche. E il contesto non è più così “generico”.

      L’equivoco in questo ragionamento, a mio avviso, è che confonde “gli utenti degli uffici postali” con il “pubblico del messaggio pubblicitario”. (peraltro con un presupposto sull’utente-medio delle Poste che mi pare ulteriormente discutibile).

      • L’unico modo per dirimere la questione sarebbe il leggere la richiesta formale del committente sugli obiettivi da raggiungere, le note di progettazione dei creativi e la ricerca di marketing dell’agenzia pubblicitaria. Infatti mi piacerebbe capire a quale tipo di pubblico e/o di utenza tale campagna d’immagine sia stata indirizzata. Da lì si può anche per inferenza risalire ai ragionamenti estetici insiti in questa strategia…

  8. […] Il fumetto, soprattutto se confrontato con la qualità del complesso lavoro di Lewis Throndeim per le Poste francesi, manca letteralmente il bersaglio comunicativo, con buona pace dell’infallibile mira di Robin (un confronto fatto da Matteo Stefanelli in questo post). […]

  9. […] secondo fronte, di crisi creativa avevo parlato già in occasione della campagna di Poste Italiane per il lancio di BancoPostaPiù. Una campagna ‘passatista’ per immaginario, per stile e […]

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