La storia più strana mai sentita: autoprodursi (da grandi)

Anche quando si parla di autoproduzione, nell’editoria di fumetto, scattano i riflessi condizionati. Per esempio: la si racconta come una modalità propria dei giovani autori, che “lo fanno perché non hanno un editore e vogliono farsi conoscere”.

Sergio Ponchione di editori ne ha avuti eccome, da Bonelli a Fantagraphics. E continuerà ad averli perché, semplicemente, è un bravo fumettista. Ma ha scelto di autoprodursi comunque. Anche se non è più un ventenne (certo, essendo mio coetaneo resta giovane, a prescindere).

Perché?

Perché autoprodursi non è solo una via alternativa – anzi, una tattica – per rispondere a una mancanza di visibilità o di potere contrattuale. Autoprodursi è anche (soprattutto?) altro: è controllo, sfida, verifica. E divertimento.

Ogni volta che ne parlo con autori o colleghi, mi rendo però conto come questa visione sia rara – troppo rara dalle nostre parti: in Italia c’è una scarsa cultura della autoproduzione (qui parliamo di fumetto: ma…?).Soprattutto tra i fumettisti, o apsiranti tali, più giovani.

Sarà che siamo meno individualisti degli anglosassoni; sarà che il concetto di “prendersi il rischio”, declinato all’italiana, si trasforma spesso in ‘prima vedo chi mi può aiutare’. Sarà. Ma il fatto è che, ripercorendo anche il dibattito che ha attraversato il 2010 intorno alle (spesso sagge) rivendicazioni sui ‘diritti’, tocca osservare come molti giovani autori – pensiamo alle centinaia di allievi delle “scuole di fumetto” – posti di fronte al momento fatidico del “pubblicare”, si rifugino nel lamento (“noncisonoglieditori”), si limitino al “saggio di fine anno” (le spesso mortificanti pubblicazioni a spese delle scuole), o si abbandonino a esperienze di uno sfruttamento sottopagato (lista lunga: fate vobis) accettato – badate bene – solo come tattica per guadagnare visibilità e fare esperienza.

Eppure, proprio per fare esperienza – e di quella tosta – e per guadagnare visibilità (che qualcuno confonde con ‘urlare’, quando invece basterebbe ‘distinguersi’), una delle soluzioni più ovvie sembrerebbe proprio quella: autoprodursi. Per essere così responsabili creativi, artistici, editoriali, tipografici, distributivi del proprio lavoro. Che sarà quel che sarà, ma almeno non sarà dipeso da fattori esterni (eccezioni escluse – ma che siano eccezioni, signori della corte).

Insomma, Sergio si è autoprodotto. Dopo anni e migliaia di pagine pubblicate in vari Paesi. Intendiamoci, non si è autoprodotto il “libro della vita”: solo un piccolo lavoro, che soprattutto – immagino – si sarà divertito a realizzare, come un piccolo artigiano. Eh già, autoprodursi è anche questo: fare prove, e divertirsi a farle. Peraltro, con la naturalezza di un autore-blogger: ha stampato un lavoro già postato sul suo blog.

Si intitola La storia più strana mai sentita nella tua vita: 100 copie stampate a laser, 16 pagine in b/n, 2 euro. E se preferite tenervi i soldi per due caffé, la trovate sfogliabile online qui.

16 Risposte

  1. parole Sante.
    più ponchione (e dave sim) per tutti.
    lunga vita alle autoproduzioni.

  2. Autoprodursi in Italia è raro….? Bhè forse solo perchè addetti ai lavori e presunti “esperti” non ne parlano a sufficienza…..ma tu prof che sei mooolto informato dovresti sapere che ci sono taaaantissime autoproduzioni degne di nota solo che passano inosservate se non quando qualche amico di amici ne parla….che tristessa!
    ps Solitamente trovo ogni tuo articolo molto stimolante ma stavolta, spero senza offesa, lo trovo pieno di buchi che magari spero riempirai….^__^

    • Caro Christian, nessun buco, solo buchi: non ho scritto un censimento sulle autoproduzioni, ma ho presentato un unico caso. uno.

      Che poi l’informazione e la critica ne parlino meno del dovuto, son d’accordo. Al punto che a suo tempo mi impegnai (con qualcun altro collega che ora non ricordo), presso Fumo di China, a dare vita ad una rubrica (small press) che rispondesse proprio a questa carenza, e per cui scrissi spesso (oggi la cura il centro Andrea pazienza).

      Infine, il mio punto di vista sul ‘troppo poche’ è specifico e motivato: quando insegno a studenti di scuole di fumetto in Francia quasi tutti i ragazzi mi mostrano le loro autoproduzioni, in Italia ne ho invece visti pochi.
      Infine – bis: anche per questo tema ho accettato l’invito a fare il giurato al Salone Fullcomics: la possibilità di segnalare lavori in una categoria dedicata alla Migliore Autoproduzione.
      Infine – tris: dopodiché non si è mai abbastanza informati e si perde qualche colpo; o molte autoproduzioni meritano il silenzio; o altre fanno le cose ma le tengono solo a casa o le regalano agli amici, e degli ‘esperti’ non si preoccupano (o non ne conoscono). Dipende dai casi: come dice Britney Spears, “it’s complicated” 😉

  3. giuro matteos che se fai un’altra citazione di britney ti tolgo il saluto 😉

  4. che senso ha oggi per un autore che non sia Manara o Ortolani (che pure viene dall’autoproduzione) farsi pubblicare da un editore proprio non lo so… visibilità zero nelle librerie generaliste, dove se ci si arriva si è meno che una meteora… i problemi di distribuzione delle librerie di fumetti li conosciamo tutti… si può pensare di vendere solo alle fiere del fumetto?
    se ne può discutere quanto si vuole, ma se il mercato resta questo – per quel po’ di esperienza maturata con gli editori – ritengo che l’unica strada oggi da seguire sia l’autoproduzione e l’utilizzo del web come veicolo pubblicitario.
    A tal proposito, per chi voglia autoprodursi fumetti o libri consiglio di scaricare gratis o acquistare al link
    http://stradebianche.stampalternativa.org/libri/illibromiolopubblicoio.html

  5. my two cents.
    (senza troppo sens).
    e cerchiobottisti, come mi si confà.
    ma un editore non dovrebbe avere anche una missione (risate in sottofondo)? quella di osare?
    di proporre?
    quando penso che un libro come morte ai cavalli di bladder town non l’ha trovato l’editore (così mi pare di aver sentito a fahrenheit) un po’ mi deprimo.
    a me sembra che si possa provare a ridurre l’importazione di fumetto. e aumentare la produzione interna.
    dietro all’eccellenza dei super-amici e/o ernestvirgola, per citare due autoproduzioni (almeno all’inizio del loro percorso), a me sembra di scorgere tanto fermento. confermatomi da una prolungata sosta al banchetto degli indipendenti del bilbolbul :-).

  6. Mordente: non so se la tua opinione è quella, ma non mi schiero certo tra quelli ch predicano la sparizione dell’editore, sotto i colpi della disintermediazione assoluta. E non solo perche non tutti hanno l’energia di d ave sim o Jeff Smith, ma anche perché il ruolo logistico e promozionale dell’editore resta decisivo per fare la differenza (certo, di editori che poi tirano solo a campare è pieno)

    Alberto: il fermento non lo contesto: siamo in Italia, e checché se ne dica il tessuto creativo continua a fruttare. Che poi un editore sia un soggetto con una sacra ‘missione’, mmmh: se magari comporta andare in perdita, magari anche no 😉 Ma certamente i casi che citi sono buoni esempi di un contesto editoriale che fatica a riconoscere le opportunità creative: talenti spendibili ne esistono, ma bisogna faticare per andarli a cercare.

    Loris: ooops, I did it again!

  7. siete dei vecchi matusa

    viva avril! viva me!

  8. mica male ‘sta tipa.
    dov’é che ho messo quel video
    dei laghetto, già? 🙂

    sull’editoria: direi che hai colto nel (di)segno. penso che come (ipoteticissimo) editore fallirei nel giro di un libro. anche perché vorrei (stra)pagarli io, gli autori. nel frattempo, attendo con curiosità (e interesse) le prime risultanze pubbliche di quel confronto in corso su comicus di cui ho letto un po’ in giro.

  9. Avril: you’re better than Britney, of course we all luv U forevvvver and evvver eccetera. Che bello perdere tempo in cazzate durante le pause di un covegno, eh?

    Alberto: cosa sarebbe il confronto su comicus?

  10. ops. scusa, matteo.
    ne ho letto qualche giorno fa sul blog di michele petrucci.
    però è una discussione riservata (o altro termine che non ricordo, sorry) e non so dire molto altro se non che, appunto, michele annunciava a breve le prime risultanze (da rendere) pubbliche.
    buon resto di convegno.
    a te. britney. e avril 😉

    • risultanze di un dibattito sull’autoprodursi in un forum? Ossignùr.
      Va bene che sono a un convegno, ma poi non dite che quelli criptici sono i professori 😉

  11. :-).
    scusa.
    non mi sono spiegato.
    come al solito.
    mi sa che il dibattito è più ampio, matteo.
    si parla di contratto base.
    e associazionismo, in realtà.
    cmq.
    viva i prof!
    corro dietro la lavagna.

  12. no, matteo, non sono tra i predicatori della sparizione dell’editore, ma osservo solo che il piccolo e medio editore deve adattarsi alle nuove modalità del mercato. non si può pensare che punti su autori nuovi, né spesso è in grado di gestire quelli un po’ più noti (ma noti solo nella ristretta cerchia degli amanti del fumetto)… se proprio dovessi predicare qualcosa predicherei la sparizione di tutte le scuole di fumetto, comprese quelle nascenti online.

    • Ma certo Michele, immaginavo che il tuo punto fosse sulle capacita di adattamento di editori.
      Sulle scuole bisognerebbe indagare bene e aprire un bel dibattito, prima o poi. Perché direi che c’è dentro tutto e il contrario di tutto

  13. […] Qualche giorno fa si parlava di una recente autoproduzione di Sergio Ponchione. […]

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