Fumetti digitali: canale, canale, canale

L’annuncio dell’uscita di Invincible Iron Man contemporaneamente nelle fumetterie e, in versione digitale, su iPhone e iPad, solleva questioni raramente dibattute all’interno dell’industria del fumetto. Si tratta del tema del ciclo distributivo (questioni di supply chain, direbbero gli americani) del prodotto a fumetti.

L’industria del libro ha iniziato solo di recente a porsi nell’ottica di una compiuta riflessione su come i modelli distributivi siano rimessi in discussione nel nuovo ambiente digitale. Di quali sfide portino in termini di nuove relazioni tra produttori, rivenditori e consumatori. Di come questo possa contribuire a far crescere il valore economico del settore (differenti parametri industriali e marginalità). E di come tutto ciò apra a discussioni e soluzioni del tutto nuove su aspetti come le politiche di prezzo, le limitazioni geografiche, la gestione degli stock (libraries digitali, ormai), l’analisi dei dati commerciali, ecc. Il fumetto, lentamente, si inserisce in questo trend.

Delle tante questioni che solleva questo caso, mi pare che quella più interessante (soprattutto per “cambiare passo” rispetto all’ottica dominante nel settore, che fatica a uscire da una visione tutta spostata – ‘artigianalmente’ – sul prodotto) è, in buona sostanza, questa: la vera chiave di volta, per immaginare un futuro fertile del mercato fumettistico, sta nella compiuta riflessione strategica sui canali di distribuzione.

Il dibattito è in parte banale. Un conto è il canale librario; un altro quello del direct market specializzato (fumetterie); altro ancora la Grande Distribuzione; altro ancora, infine, il canale digitale. Per la verità, il digitale è un ambiente multicanale: il mobile e il web non offrono certo le stesse condizioni, né di prodotto né di valore. Eppure questa banalità è ancora lontana dall’essere compresa da molti editori, nostrani in primis, che sembrano vivere dell’ide(ologi)a del fumetto come prodotto “mono-canale”.

Basti pensare a cosa ha significato per il prodotto cinematografico la presa di coscienza nel corso dei decenni, da parte dei produttori, del crescente complessificarsi di una catena distributiva che era ormai dotata di una nutrita serie di variabili, considerate un tempo poco rilevanti: dalle differenze tra piattaforme (sala, homevideo, tv free e generalista, tv pay, tv pay premium) al ruolo delle finestre temporali. Un tema, quest’ultimo, ormai cruciale anche per l’industria delle serie televisive (detto papale papale: meglio mandare in onda il finale di Lost in contemporanea worldwide, sennò si perde tutto il business ‘locale’ a causa al download/streaming illegale…).

Per un’industria come quella del fumetto, in cui i produttori non hanno quasi mai controllato la catena distributiva, la scelta del canale è stata storicamente una sorta di non-questione, tranne in rari casi. Le sole eccezioni rilevanti sono avvenute nell’orticello del Direct Market: si pensi all’avventura (fallimentare) di Marvel a metà anni 90 con Heroes World, ma anche ai più fortunati casi recenti di Panini che controlla PAN, o di alcuni gruppi editoriali francesi che controllano porzioni di filiera tra cui magazzini, vettori, diffusori, promotori. Purtroppo si è sempre trattato di casi poco rilevanti, perché confinati nel perimetro di un solo canale (le fumetterie) in fondo minuscolo rispetto all’ampiezza dei canali di altri prodotti culturali, editoriali inclusi. La scelta (o non-scelta) di concentrarsi su questo canale ha peraltro contribuito a produrre – e non bisogna dimenticarlo – un effetto di auto-ghettizzazione che ha fatto del fumetto, a lungo, una sotto-cultura embedded in una filiera fatta spesso di pochi segmenti produttivi (e spesso piccoli numeri). Un discorso che vale soprattutto per l’Occidente e per gli USA in particolare, con l’Italia “caso a sè” (non sia mai…) grazie alla specializzazione nel canale edicola, e la Francia “piccola eccezione”, vista la lungimirante politica di presidio di canali alternativi al direct market come la libreria e la GDO.

Il successo di iPhone e iPad, e qualche segnale – soprattutto dal Giappone – di innovazione legato all’avvento di nuovi canali digitali, ci indicano come anche l’editoria di fumetto sembri rendersi conto, sebbene a uno stadio davvero iniziale, di come la catena distributiva e il ciclo di vita del prodotto fumettistico digitale siano oggi non solo profondamente legati, ma anche profondamente “nuovi”. Al punto da costringere a immaginare nuove strategie – come quella per Invincible Iron Man – in grado di cogliere appieno la natura trasformativa del fumetto digitale: un prodotto multipiattaforma, all’interno di un’ottica multicanale.

Alcune tra le conseguenze più dibattute ultimamente negli USA, e non a caso, sono quelle dell’impatto delle nuove piattaforme sul direct market. Il nuovo Iron Man su iPad sottrarrà volumi alle fumetterie? Ma offrirà margini migliori a Marvel? Una parte del fatturato si sposterà dalle fumetterie ai nuovi distributori digitali (Apple)? E toglierà pubblico ai licenziatari locali (per chi vuole la versione tradotta in lingua locale)? Ma ci sarà un ritorno anche in termini di nuovi pubblici? Nasceranno politiche di prezzo differenziate temporalmente, tra la fase di lancio e quella di back-issue, sia per la versione digitale che per quella cartacea? Domandone generale: la versione digitale genererà o no un ampliamento significativo della base commerciale?

Ci vorranno anni, certo. Ma toccherà arrivarci: anche gli editori e distributori di fumetto dovranno imparare a sviluppare delle vere e proprie politiche di canale. E chissà che il mercato del fumetto non ne possa trarre giovamento, tramite una reattività organizzativa ed un’efficacia commerciale migliori di quanto non avvenga oggi. Un po’ – perché no – come accaduto al mercato del film o della tv, nell’epoca della frammentazione dei loro canali. Vedremo. Quel che è certo, è che il peso del cambiamento si farà sentire.

UPDATE: Joe Quesada di Marvel annuncia le tariffe differenziate web e certacee per Invincible Iron Man, e discute sugli investimenti digitali della Casa delle Idee.

9 Risposte

  1. […] This post was mentioned on Twitter by Nico Lazzoni, Matteo Stefanelli. Matteo Stefanelli said: Fumetti digitali: canale, canale, canale: http://wp.me/pzGWE-B4 […]

  2. Sarebbe bello considerare l’iPad una REALE alternativa al cartaceo. Per ora resta solo un capriccio molto costoso. Il problema essenziale, oltre alla dimensione ridotta dello schermo rispetto a un albo americano (ma la dimensione “pocket” si può tollerare considerando una riduzione dei costi), è la superficie riflettente dello schermo. Esistono tecnologie in commercio specificatamente concepite per la lettura di testi in bianco e nero con schermi molto opachi (il kindle), mancano quelle a colori.

    • valentino: condivido che iPad ha limiti e problemi rispetto ad altri devices (confermo: kindle ha una leggibilità sorprendente). E figuriamoci se sono io quello che esalta i “capricci tecnologici” contro la carta…

      Però vorrei vedere, tra gli operatori (il pubblico è giusto che si concentri su altro), meno discussioni sui singoli prodotti o supporti, e più impegno nell’affrontare più ampiamente la questione dei canali. Inclusi – ma non solo – quelli digitali. Cosa che non mi pare, se non di rado, e con una certa naiveté.

      Per questo, trovo che il tuo commento abbia un presupposto ancora un po’ troppo ingenuo o ideologico (intendiamoci: niente polemiche, si sta solo ragionando): trovo del tutto inutile un dibattito “carta vs. bit”. Più utile ragionare in modo aperto e acquisitivo: “quale canale” per “quale carta” (non dimentichiamo l’abc, ovvero le diversità industriali tra libro e periodico), e “quale canale” per “quale bit” (iPad non è Kindle, come ricordavi tu stesso).

      • No, il mio discorso è tutt’altro che ideologico… anzi si fonda su basi molto pratiche, perché, al contrario, trovo che i presupposti di questo post siano ingenui nel considerare uno spettro di prospettive offerte da una tecnologia assente. Ho un hard disk pieno di albi e testi stranieri che ho necessità di leggere senza perdere diottrie, e anche con una certa urgenza. McLuhan ci ha insegnato che il medium è il messaggio e da bravo laureando di Comunicazione multimediale figuriamoci se prendo la questione alla leggera quando è evidente che una rivoluzione è in corso e che in futuro i testi (fumettistici e non) DOVRANNO essere pensati ANCHE per il digitale, con tutto ciò che comporterà. Il problema che sollevo è che, essenzialmente, al momento il medium non c’è. I fumetti, per il momento e con mio sommo rammarico, non possono essere letti su schermo. Ci sono sicuramente degli interessi, ma uno dei fenomeni con cui ci si sta scontrando nell’ultimo lustro è l’estinzione dell’utente pioniere e l’aumento delle resistenze alla propaganda – evoluzione? – tecnologica (vedi il blu-ray a tal proposito, così come la mancata conversione in Italia delle sale cinematografiche al digitale… girano ancora le pizze!). Poi non dimentichiamo che eventuali successi in America e Giappone (culture con un approccio al fumetto e alla tecnologia decisamente diverso) non possono essere considerati neanche alla lontana trend applicabili al nostro paese. I lettori di eBook ci sono da mò, ora se ne vede il boom globale, nel belpaese, a mio avviso, si tarderà rispetto ai nostri amici stranieri.

        Detto in breve: stiamo facendo i conti senza l’oste. Le domande vere – a mio avviso – da porsi sono:

        1 – quanto costerà un apparecchio capace di visualizzare una tavola a colori in modo ottimale?
        2 – l’utente italiano – al di sotto della media europea nell’acquisto di libri e fumetti, ma anche nel semplice atto d’acquisto on-line – acquisterà testi in digitale? Cosa? A che prezzo?
        Se la numero due necessita di un accurato studio di marketing (e ci si può anche dedicare a piacevoli elucubrazioni), la numero 1 è il quid fondamentale.

        Delle macchine a idrogeno almeno ci sono i prototipi… qui – passami la provocazione – si vogliono esaminare le dinamiche economiche e sociologiche (a cui aggiungerei quelle etnografiche) determinate da uno strumento ben lontano non solo dall’ingresso nel mercato, ma persino dai laboratori di ricerca & sviluppo! Un po’ come chiedersi “ma la macchina volante determinerà una crisi del sistema ferroviario?”.

        Almeno fatecela vedere, datemi degli ipotetici costi di produzione su larga scala e cominciamo a ragionare nel concreto. Altrimenti, se proprio dobbiamo tirare a indovinare, giochiamoci una schedina del totocalcio. Non sai mai…

        • valentino: ottima polemica, ma argomenti ancora deboli.
          Anche perché vedo un po’ di confusione. Dici “essenzialmente, al momento il medium non c’è” e poi “i fumetti, per il momento non possono essere letti su schermo”.

          Il medium (sarebbe meglio dire: la piattaforma) c’è, anzi ci sono: ebook reader o ipad sono un fatto. Non ci piacciono? Legittimo. Ma ci sono.

          Poi poni – giustamente – la questione dei bisogni: c’è un bisogno diffuso nel pubblico? La risposta è: in generale sì. Il mercato dei contenuti (libri e fumetti) per ebook reader è già esistente. Non in Italia, magari. Ma la questione della “penetrazione” è un’altra cosa. E occhio: Mondadori e il consorzio Edigita hanno appena annunciato che in autunno inizieranno a giocare la partita anche loro.

          Poi poni la questione del costo, e qui esageri: certo, ipad o kindle costano molto. Oggi come oggi, non sono “di massa”. Ma le dinamiche di prezzo, come saprai, sono volatili e nell’ict hanno dei cicli persino prevedibili: tra un anno, e poi tra due, e poi fra tre, le asticelle degli “entry level” saranno più basse. E anche qui: non confondiamo la penetrazione di oggi (bassa) con le potenzialità di domani.

          Infine: gli editori che muovono i numeri maggiori si stanno attrezzando. In Italia si tarderà? Probabile. Ma il punto che sollevavo era un altro: il fumetto è troppo spesso “sfruttato” solo come prodotto da distribuire entro uno o due canali (edicola, libreria), mentre ci si dimentica – e la ipad è qui solo a ricordarlo con “enfasi” – che i canali sono (anche) altri: sia nel mondo della distribuzione di prodotti materiali, sia nel nuovo ambiente dei prodotti digitali. Aggiungo: credere di poter fare a meno di questi ultimi, nei prossimi anni, è una pia illusione, in termini industriali. E bada bene: Shueisha o Marvel non hanno investito nel digitale solo per fare brand. Ma per ottenere profitti. Che iniziano (iniziano) ad arrivare.

          La domanda – o la polemica, se vuoi – interessante potrebbe essere: ma i canali di distribuzione digitale avranno un peso marginale, o no? In che misura sì, e in che misura no? Non perché mi interessi fare previsioni. Ma ragionarci su, eccome. Proseguiamo pure, quindi 😉

  3. Il movimento dei colossi non sempre indica l’affermazione di una tecnologia. Se le prospettive di mercato indicano la possibilità di trarre profitto da un prodotto venduto su una piattaforma inadeguata, non c’è nulla di strano da parte delle major a battere un po’ il ferro finché è caldo. Soprattutto se lo sforzo economico è davvero minimo per la produzione degli eBook. Ti ricordo che anche DC Comics ha investito nel digitale, con Zuda Comics (fumetti pensati – e pagati – esclusivamente per la lettura a schermo). Gli esperimenti si fanno, le strade si percorrono, “it’s business, man!”

    Purtroppo resta il fatto che la piattaforma non c’è, Matteo. Per quanta retorica possiamo metterci, manca il mezzo (medium, appunto, in latino). l’iPad è un computer, il kindle un visualizzatore di testo scritto. Un visualizzatore d’immagini che emula la superficie cartacea di una tavola non c’è.

    Marvel e Shueisha avranno visionato dei prototipi a noi ignoti (mi auguro) o fatto i loro conti in base al trend del momento. Tornare sui propri passi, in questo caso, credo sia davvero un processo poco doloroso.

    Previsione: letto il conto dall’oculista, il lettore di fumetti italiano smetterà di acquistare albetti inglesi che non leggerà mai e acquisterà uno schermo panoramico per guardarsi i porno (ché gli ultimi numeri delle serie Marvel li aveva comprati solo per bullarsi con gli amici in fumetteria, mentre le diottrie le ha perse sulle bombe di Gianna Michaels). 😀

    Si scherza Matteo, ho scoperto il tuo blog e lo leggo con piacere. Dato che collaboro con diverse case editrici sono davvero interessato e sensibile a queste problematiche, ma in queste chiacchierate mi concedo un legittimo scetticismo. Si grida troppo alla rivoluzione e al miracolo ultimamente…

    Ma volendo evitare la polemica sterile, parliamo di qualcosa di fattibile: il bianco e nero.

    Sai quale sarebbe un discorso interessante? I Bonellidi sul kindle. A mio avviso quel dispositivo con un semplice upgrade potrebbe veramente fungere da lettore per tavole in b/n pensate per una dimensione A5. Pare fatto apposta per Astorina, Bonelli, Star Comics ed Eura Editoriale, le maggiori case editrici popolari italiane! Ma quanto scommettiamo che saranno le ultime a muoversi nell’eventualità?

    Per il b/n ci sono sicuramente delle possibilità e sono sicuro che i giapponesi sforneranno qualche diavoleria in breve tempo. Forse il cambiamento passerà da lì, anche in Italia.

    • rapidamente:

      “l’iPad è un computer, il kindle un visualizzatore di testo scritto. Un visualizzatore d’immagini che emula la superficie cartacea di una tavola non c’è.”
      m- su questo concordo. Ovvero: le soluzioni tecnologiche attuali non sono ottimali. Vorrei però capire cosa intendi per emulare la carta: per un display, sempre di pixel si tratta.

      “Marvel e Shueisha avranno visionato dei prototipi a noi ignoti (mi auguro) o fatto i loro conti in base al trend del momento. Tornare sui propri passi, in questo caso, credo sia davvero un processo poco doloroso.”
      m- qui non concordo: l’investimento sul digitale non è qualcosa su cui torneranno indietro.

      “il lettore di fumetti italiano smetterà di acquistare albetti inglesi che non leggerà mai e acquisterà uno schermo panoramico per guardarsi i porno”
      m- battutaccia apprezzata 😉

      “in queste chiacchierate mi concedo un legittimo scetticismo. Si grida troppo alla rivoluzione e al miracolo ultimamente”
      m- concordo sull’enfasi, ma non sullo scetticismo in blocco: la digitalizzazione tocca tutto e tutti, fumetto incluso. Mettiamola così: vedo troppi fumettofili (editori, autori, lettori inclusi) distratti, o impegnatissimi in battaglie di retroguardia.

      “Sai quale sarebbe un discorso interessante? I Bonellidi sul kindle”
      m- condivido. Eccome. Kindle è ancora fuori dal radar fumettistico. Ma una riflessione la merita.

      Grazie per gli spunti, of course.

  4. “l’investimento sul digitale non è qualcosa su cui torneranno indietro.”

    Non ho detto che abbandoneranno il digitale, ma che non sarà troppo doloroso retrocedere nel caso in cui si debba fare marcia indietro per un motivo o per l’altro.

    Anch’io sono convinto che l’eBook non sia un fuoco di paglia e che l’eComic sia un passaggio obbligato per l’editoria della nona arte.

    Il mio avvertimento, proprio per discutere in modo intelligente, è fare presente che le tecnologie hanno un peso non indifferente nel determinare l’evoluzione dei contenuti (o delle modalità di rappresentazione).

    Se per 2 anni l’unica soluzione abbordabile economicamente per il grande pubblico sarà il bianco e nero… i giapponesi non avranno problemi, ma gli americani? Marvel creerà delle collane ad hoc per sfruttare il filone?

    Lo scetticismo non è dato da un rifiuto della tecnologia, ma da osservazioni sulle effettive possibilità dei mezzi attuali. Ecco quindi che il discorso sul b/n potrebbe diventare un punto cruciale.

    Sono tempi interessanti…

  5. […] dei fatturati del fumetto a seconda del canale (un aspetto cui abbiamo accennato sempre di recente, qui), che testimonia l’impressionante progressione dei canali relativi alla distribuzione in […]

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