Mio fratello fumettologo pensa all’Avvenire

Giusto nel caso in cui, tra i lettori di questo blog, ci siano vescovi e alti prelati (hey, guardate il flag counter in basso a sinistra: ben 5 visite direttamente dal Vaticano!), due precisazioni per chi avesse letto Avvenire due domeniche fa.

Già, perché anche il maggiore quotidiano cattolico italiano ha realizzato il suo bravo servizio sul “fenomeno graphic novel”. E lo ha fatto per benino. Un giovane giornalista ha infatti costruito un’inchiesta documentata: intervistando autori e editori, raccogliendo tesi di giornalisti ed esperti, e fornendo anche qualche dato strutturale. Il tutto, senza rinunciare a offrire una chiave di lettura propriamente ‘giornalistica’: la tendenza del comics journalism e la moda del fumetto “di cronaca”.

Ok, nulla di nuovo per noi/voi – ma se avete presente il lettore-tipo di Avvenire, beh, potrebbe essere una piacevole, piccola epifania [si noti la finissima battuta].

Coup de théâtre: tra gli intervistati, mio fratello. Ironia a parte (e il primo a divertirsi sono stato io; ok, dopo i primi 5 secondi di vertigine), Ilario è stato davvero preciso e gentile. Tranne su due punti: banale name checking, e un errore sulle fonti che, coinvolgendo il centro di ricerca in cui lavoro, preferisco chiarire.

  • nel box (in fondo al post): no, l’esperto non è mio fratello. (E occhio: Coconico è…una discoteca immaginaria?)
  • nella spalla (click qui a destra): la ricerca citata non è stata prodotta da OssCom. I dati vengono da un istituto americano (citato al giornalista: iCv2), semplicemente rielaborati dal sottoscritto per un intervento in un corso di formazione AIE.

Tutto questo, dunque, giusto nel caso in cui. Amen.

Sarà che, secondo qualcuno, ho una certa facilità a notare refusi. O sarà che bastavano 2 o 3 diottrie al massimo, per notarlo (grafici, vil razza dannata). Uff, e adesso come glielo dico al mio friendly monsignore di quartiere?


PS Ad Angouleme fa freddo. Tanto. Ma se tutto va bene, quest’anno non andiamo sotto lo zero. Son cose che fanno bene, queste, altroché.

9 Risposte

  1. Certo Mauro che potevi postare un’immagine dell’articolo leggibile… 🙂

  2. Piccolo commento sulla colonnina intitolata “Le vendite. Negli Stati Uniti è già boom”.
    Il fumetto formato libro avrà pure superato i tradizionali albi spillati di 32 pagine, ma sempre di fumetto seriale si tratta.
    La parte del leone in libreria la fanno i fumetti seriali giapponesi. Inoltre tantissimi volumi sono ristampe in versione brossurata o cartonata delle serie da 32 pagine vendute in fumetteria. Uno dei principali bestseller degli ultimi anni è Naruto.
    Da come è impostato l’articolo sembra che l’autore – e di conseguenza i suoi lettori – pensi che il boom riguardi solo fumetti tipo Persepolis, Maus e simili.

    • Commento sacrosanto. Da un lato c’è il valore simbolico di un formato che ha aperto spazi nuovi e differenti; dall’altro il dato su un mercato che continua ad essere trainato da prodotti seriali. Che l’effetto percettivo sia quello di un cambiamento, pero, è una sintesi giornalistica che mi sento di condividere.
      Piuttosto, mi ricorda nuove domande: il successo commerciale e simbolico del formato libro, quanto ha modificato la progettazione strutturale del prodotto seriale?

  3. Depois de ler várias paginas web, achei esse blog, muito bom mesmo cara.

  4. Pignolo! 😉 Me mi chiamate sempre Giancarlo, ma non me la prendo mica… So che siete dislessici e amen.
    Eheheheheheheheh!
    E poi, cosa sono queste tue frequentazioni chiesastiche, eh?… Da quando non sei più ateo? O hai davvero un fratello?…
    Scherzi a parte, l’articolo ci sta bene, apre una finestra di interesse che può essere una bella cosa.
    P.s.: Non ti fidare del freddo apparentemente non eccessivo di Angougou: è traditore.

  5. Beh comunque complimenti Mauro! 🙂

  6. Giancarlo! Ciao! Salutami tuo fratello gfranco!
    Ma non scherzare sulle frequentazioni di mauro: è un ricercatore della cattolica, e quindi sai com’è…ci tiene a quel brand, e il Grande CEO Celeste gliene fa fare, di comunicazione ‘corporale’ 😉 Pensa che di recente era anche su un (ig)noto settimanale diocesano a parlare di ebook…

    Ironie a parte (e potremmo andare avanti): il giornalista, al netto di quelle due sviste, ha la mia fiducia e rispetto per il lavoro complessivo.

  7. infatti mi fa tornare in mente Bernie Leadon che lasciò gli Eagles proprio prima che questi facessero Hotel California perdendosi tutte le royalties, ma me lo fa pensare all’incontrario, come se Bernie Leadon avesse entrato negli Eagles DOPO che questi hanno fatto Hotel California e poi non combinano un cazzo. E’ un po’ la storia di tanti voi bloghisti. Che ridere.

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