[Angoulême 2010] Fumetto e arte contemporanea: ‘Caractères’

Le mostre di questa edizione? Tante. Alcune buone, altre mediocri, una o due eccellenti. Blutch, Viscogliosi, Lécroart, Gerner, Néaud, oppure 100×100, Les Tuniques Bleus, I fumetti del Louvre, Dessin d’humour, Fumetto russo, Jeunes Talents, One Piece, Café Creed, Léonard: sono quelle di cui sentirete parlare dalla stampa, generalista o specializzata.

Io voglio invece commentare brevemente una mostra meno visibile. Forse anche perché organizzata da una struttura locale “all’antica” e poco sexy come il FRAC della Regione Poitou-Charente. I FRAC sono i Fondi Regionali per l’Arte Contemporanea – pura fantascienza, per il sistema dell’arte italiano. Una piccola istituzione regionale (finanziata 80% regione + 20% stato centrale), come altre 20 strutture analoghe sparse per la Francia – la cui idea risale agli anni dell’intraprendente ministro Jack Lang – e destinate alla costituzione di fondi di opere da destinare principalmente alle comunità locali. I FRAC acquistano opere, e le conservano, scambiano, espongono, vendono agli attori del territorio. Il FRAC di Angoulême ha realizzato una piccola ma brillante mostra, Caractères, dedicata alle relazioni tra arte contemporanea e fumetto.

Ho visitato la mostra con la guida del giovane direttore Alexandre Bohn, conosciuto in un pranzo al Museo durante una lunga (e bella) discussione con Mattotti proprio sul tema old fashion del rapporto arte/fumetto. Una visita rapida, anche perché i locali espositivi non sono certo enormi – non più di 400 mq. Tuttavia la mostra mi ha lasciato un’impressione eccellente, se non la sensazione di avere toccato con mano uno dei rari episodi di riflessione sull’arte contemporanea in grado di illuminare il senso del fumetto. Un piccolo intervento di semplice – e forse per questo preziosa – intelligenza curatoriale, lontana dal solito florilegio di giochi di superficie pseudo-concettuali (composizioni di balloon, o creazioni vagamente “sequenziali”) o dal piatto citazionismo iconologico, diciamo post-Liechtenstein, inclusi i tentativi di pseudo-détournement estetico (un filone fin troppo presente anche in mostre peraltro interessanti, come la vasta Vraoum – un estratto è nella videogallery – di qualche mese fa, a Parigi).

Le idee che Bohn ha messo in gioco sono diverse, e vi invito a studiare la mostra attraverso il sito Internet. Mi limito a qualche esempio. Parto dal celebre Pierre Huyghe, presente con un’opera minore ma intrigante, in cui il film di Egoyan The Adjuster viene “de-filmato”, annullando le immagini e lasciando solo i sottotitoli, collocati sullo schermo nella posizione occupata – sul piano puramente plastico – dai personaggi. Si tratta di un’opera che compie lo stesso lavoro di sottrazione operato anche da un fumettista come Jochen Gerner, nel suo celebre fumetto Tnt en Amérique, che rileggeva in chiave concettuale Tintin, coprendo di nero tutte le vignette del celebre episodio Tintin en Amérique, lasciando solo le parole rivelatrici di alcuni temi simbolici tipici dell’ideologia americana (in Italia, il brillante Franco Busatta ha fatto un’operazione vicina con Il Cavaliere Nero, rilettura ‘annerita’ di un noto episodio del Piccolo Ranger).

Poi c’è il caso di Sara Holt. Una serie di opere fatte di fotografie della Luna in cui, lavorando sull’esposizione, vengono prodotte in sede di sviluppo una serie di ‘scie’ (immaginatevi le scie dei fari delle auto, riprese in velocità) che vanno a comporre lettere o parole. Moon writing: un lavoro su una esperienza particolare di scrittura visiva che ha molta più familiarità con il processo di scrittura del fumetto di tante opere – per dirne uno – di un Daniel Johnston (spesso amato dai curatori che si fermano solo al livello che dicevo ‘iconologico’).

Infine un lavoro come SNOWI di Edouard Boyer, che dopo avere ottenuto da Willem (il celebre vignettista e fumettista di Libération) il permesso alla “riproduzione illimitata”, inizia un percorso di amplificazione delle marche stilistiche dell’autorialità. Una volta appreso a riprodurre Willem, e dedicatosi a produrre oltre 1500 disegni “in stile”, ha organizzato i lavori in un database digitale, affidandone il libero riuso e riassemblaggio a critici, scrittori, pubblicitari e attraverso un sito aperto in cui “produrre il proprio fumetto di Willem”. Un opera che pone così – in una mediazione concettuale allo stesso tempo attraverso e con il fumetto – domande sulla validità della firma, l’autenticità dello stile, l’idea di opera collettiva… Una bella riflessione fumettologica sulla circolazione sociale dei simboli e degli stilemi.

Un approccio alle intersezioni fumetto/arte contemporanea molto diverso dalle statue di supereroi invecchiati, dal riprendere o ‘espandere’ retini tipografici, o dal riprodurre eserciti di ‘topolini’ secondo modalità anti-disneyane. Un po’ poco, a cinquant’anni dalle riflessioni della prima Pop Art.  Il fumetto, visto in questo modo praticato dal FRAC di Angouleme, può invece essere una chiave di lettura con cui leggere alcuni temi, formali o simbolici, dell’arte contemporanea, mentre allo stesso tempo questa può fornire occasioni per meglio riflettere su alcuni tratti decisivi dell’identità – artistica – del fumetto stesso. Questo sì che si chiama, a mio modo di vedre, far dialogare arte e fumetto. Anche con un piccolo Fondo. Anche con una piccola mostra. Ma con una grande passione creativa e intellettuale.

5 Risposte

  1. Davvero molto interessante. Grazie per aver parlato di questa mostra un po’ “laterale”…

  2. Ciao, Matteo!
    Ecco: ti ho segnalato qua:
    http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2010/02/quadratino-colpisce-ancora-e-la-chiusura-di-.html

    Complimenti per l’ “agguerrimento”!

    Luca

  3. luca: grazie. See you!

    pat: grazie. E’ possibile che da questo FRAC nascano, per angouleme 2011, dei progetti ulteriori. Magari anche ‘centrali’, invece che ‘laterali’. Ne riparlerò 😉

  4. grazie! Thank you! Merci!
    SNOWI :
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