Fumetto, nudità, e i paradossi dell’Appstore

Poche righe per segnalare, prima che si faccia troppo tardi, una notizia di un mese fa. Una di quelle da far sgranare gli occhi, ricordandoci quali e quanti paradossi stia ancora producendo la visione di Apple sulla legittimità o meno di alcuni contenuti offerti dall’appstore.

In estrema sintesi: le policy di Apple hanno colpito ancora. Questa volta in Francia. E il punto è che si è trattato di un vero e proprio record: quasi il 40% del catalogo di Izneo, il più vasto appstore francese multi-editore di fumetti, ritirato in seguito alla segnalazione di non conformità da parte di Apple.
izneo
Izneo, come forse ricorderà qualche lettore di questo blog, nonostante il nome infelicemente anonimo è davvero un player importante: lanciato tre anni fa, raccoglie una ventina di editori (dei big mancano solo Glénat e Delcourt/Soleil), associatisi insieme per condividere lo sforzo di una progressiva discesa in campo nel mercato del fumetto digitale.
Da quanto si è saputo agli inizi di aprile, Izneo è stato costretto da Apple a rimuovere la maggior parte del proprio catalogo di fumetti dalla sua applicazione per iPad. Il problema: contenuto «pornografico».
A quanto pare Apple aveva contattato Izneo per comunicare al sito 30 ore a disposizione per rimuovere il proprio (non meglio definito) materiale pornografico dalla app, o la app stessa sarebbe stata bannata dall’AppStore. Izneo ha chiesto chiarimenti su quali tra gli oltre 4.000 fumetti avesse posto problemi, ma Apple non ha fornito dettagli. A quel punto Izneo ha rimosso dalla propria App tutti i fumetti che potevano presentare “un seno, una scollatura provocante, una curva o una posa provocante”. Risultato: Izneo ha ritirato 2800 fumetti su 4000.
Nei giorni successivi, con più calma, Izneo ha avuto il tempo di ripercorrere tavola dopo tavole le opere ritirate, e ha deciso di reintegrarne alcune, arrivando infine a riportare il catalogo da 1200 a 2500 dei 4000 titoli iniziali.
L’enormità del caso sta tutta in tre aspetti:
  • la prima richiesta di Apple aveva più che dimezzato il catalogo. Ripeto: non un catalogo qualsiasi, ma una sorta di “meta-catalogo” che rappresenta in larga misura il mercato mainstream di un intero settore di contenuti (in un solo paese, certo, ma non un paese qualsiasi: il maggiore mercato occidentale, per quel settore);
  • tra i fumetti colpiti da questo provvedimento sono finiti lavori come XIII, Les autres gens o Largo Winch. Serie queste rivolte a lettori adulti, certo, ma tutt’altro che pornografiche (e anzi piuttosto puritane). Non solo: sotto la scure ‘censoria’ sono finite altre serie normalmente catalogate “grand public” come Murena o Djinn. E per quanto possa sembrare incredibile, fra queste altre serie eliminate dal catalogo c’era persino Blake & Mortimer. Come a dire, uno dei più tradizionalisti, conservatori, anodini (sessualmente parlando) fumetti dell’intera tradizione europea.
  • nel frattempo, Apple non ha affatto chiesto di rimuoverli da iBookstore. Dove hanno continuato ad apparire. La richiesta ha riguardato solo la App. Con un problema accessorio: è proprio dalla app che arriva la maggior parte del fatturato di Izneo.
Il problema è evidente: le policy Apple sono contraddittorie, evasive, mal spiegate. E non è certo la prima volta.
Ma ancora più impressionante mi pare un altro dato: che possa essere colpito un intero settore. Un fatto che, evidentemente, dimostra l’attualità di due antichi problemi:
  • la percezione del fumetto da parte dei grandi content carriers come produzione marginale, trattata in modo sostanzialmente residuale: basta un semplice impiegato per operare scelte del genere, con tanto di ultimatum inferiore ai due giorni;
  • e viceversa, la debolezza organizzativa di attori (gli editori, qui riuniti sotto il cappello di Izneo) le cui capacità di relazione industriale, persuasione e lobbying sono tutt’oggi particolarmente fragili, al punto da soccombere all’operato del suddetto “semplice impiegato”.

A voler guardare il lato positivo, un effetto non scontato di questa vicenda è stato che Izneo ha inevitabilmente accelerato nella propria riflessione strategica: o uscire dal mercato, o correre al lavoro per concentrarsi su altre piattaforme. E come ha raccontato a Le Monde, la sfida dei prossimi mesi è quella di guardare con rinnovata attenzione alle piattaforme Android e Windows (quest’ultima particolarmente interessante, visti i promettenti conversion rate delle sue app).

8 Risposte

  1. Sarà (anche) per questo che in casa mia non entrano aggeggi col marchio della mela?
    Saluti
    Orlando

  2. Non è proprio così, Matteo.
    Molto semplicemente, l’App Store e l’iBookstore hanno regole diverse.
    Il primo è un mercato di applicazioni commerciali rivolto a un pubblico che la Apple intende come 0-100. E quindi è paranoica sulla pornografia.
    Nel secondo caso, la Apple valuta l’iBookstore come una libreria e quindi accetta materiale maturo per tutta una serie di ragioni diverse (dal tipo di consumatore alla fruizione del prodotto).

    Aggiungo una cosa: Izneo nacque con scopi molto belligeranti nei confronti della Apple (ricordo una chiacchierata con il suo direttore generale che mi disse, testualmente: “noi siamo nati per impedire alla Apple di rubare il nostro mercato, non metteremo mai i nostri fumetti sull’Apple Store, Steve Jons non colonizzerà la Francia” e, per me, la parte più rilevante della notizia è che, invece, non solo all’Apple Store hanno ceduto, ma si lamentano pure di non poterci essere in pieno.

  3. rrobe: occhio, perché non è una mera questione di target. Appstore e iBookstore sono diversi e con regole diverse, vero. Ma questo non ha a che fare con il paradosso di fondo. Che è ormai è un problema più a valle che a monte: con un semplice iPad in mano, il catalogo via Izneo App offre certi contenuti, quello via iBookstore altri.
    Per certi versi, il dibattito in corso (non solo in editoria) è proprio questo: ha ancora senso una simile differenza di regole sui contenuti di fronte a pratiche d’uso trasversali ai due stores?

    Sulla posizione di Izneo verso Apple, al di là delle chiacchiere off record (condivido, e non è una novità: i francesi ancora vedono e contestano una “americanizzazione”. Analoghe idee le ho sentite da AVEcomics), la nascita della piattaforma non è di per sé legata a politiche anti-Apple, ma a politiche anti-pirateria:
    http://fr.wikipedia.org/wiki/Izneo#Historique
    Izneo è nata per questa volontà comune di tutti gli editori francesi: arginare la pirateria, facendo quadrato per dividere le spese. Una strategia che ha reso la piattaforma non solo presente su Appstore e Ibookstore, ma ha persino reso l’Appstore la sua prima fonte di reddito.
    Dopo la mazzata del mese scorso – allora sì – Izneo si sta concentrando su altre piattaforme, rinvigorendo la propria visione ‘alternativa’ al dominio Apple. Una reazione, però, e non una concreta strategia operata fino ad oggi.

    • Io continuo a non capire. L’App store è per le App. L’iBook Store è per i libri. Mi risulta che i prodotti di Izneo siano libri e, infatti, su iBook Store sono tutelati nella loro dignità. Il fraintendimento è alla base, cioè quando gli editori hanno provato a vendere i fumetti come App perché con le App sia facevano tanti soldi.

      • se la metti così, ti seguo eccome. E rilancio: oltre al fattore tattico (fare app perché + redditizie) aggiungo: siamo sicuri che i fumetti siano sempre (solo) *libri*?
        Il nodo era (fu) e resterà questo: il fumetto è un linguaggio in parte posizionabile in editoria, in parte no. La sua natura visiva complica – da sempre – le cose.

  4. Fatto sta che la Apple dà continuamente problemi, app o libri che siano. Non vedo perché la gente valuti l’apertura ad Android o Windows quasi come l’ultima spiaggia.

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