Rompicapi catalogativi e fumetto: le bibliografie

Sfogliavo un saggio, Grant Morrison: All Star, che è una sorta di guida ai fumetti e alla carriera dello sceneggiatore scozzese di The Invisibles.

Come in molti libri del genere companion, i pregi maggiori mi sembrano due. E riguardano la natura di “strumento” tipica di questi oggetti editoriali fatti – volenti o nolenti – per essere più consultati che letti:

  • la ripercorribilità delle storylines: per prodotti seriali complessi (come certi comics USA cui ha lavorato Morrison), è utile disporre di risorse in grado di mettere in fila certi pluriennali sviluppi narrativi. Tanto quanto – ma anche molto meglio – delle trame delle soap operas pubblicate dalle tv guides: un lavoro di cesello documentale, degno di buoni enciclopedisti. Morrison peraltro è un tipo che spesso sforna buone idee e gioca con narrazioni che sono spesso scatole cinesi, la cui decodifica è parte del piacere della lettura – e gli autori del volume (Agozzino, Peruzzi, Solinas) hanno messo insieme un castello di materiali che scioglie davvero moltissimi nodi. Il più ricco compendio esistente oggi sulla piazza (e non solo in Italia?) su questo sceneggiatore.
  • la presenza di uno strumento-nello-strumento: le bibliografie dei lavori dell’autore. E qui, come spesso accade, succede il pasticcio. Ovvero: si alternano o sovrappongono una quantità di criteri da far perdere la testa. E una potenziale bibliografia ragionata diventa…”sragionata”.

Sembrerà strano ai più, ma le bibliografie ospitate nei lavori – saggistica o articoli di approfondimento sulla stampa – sugli autori di fumetto, hanno sviluppato una sorta di tradizione: alcune caratteristiche figlie di una specie di obiettivo culturale comune. Guardiamo il titolo della sezione, a pag. 319: “Bibliografia completa”. Perché mai aggiungere un aggettivo ad una bibliografia che, essendo dedicata all’autore oggetto di una corposa monografia, si immagina già di per sé “completa”? Cattiva retorica? Banale svista? No. Piuttosto, un lapsus quasi freudiano. Perché la presenza di questo aggettivo non è un caso: viene da lontano.

Si tratta del portato culturale di un bisogno che appartiene a un’epoca lontana. Una fase della storia del fumetto in cui la dispersione delle opere e delle informazioni rendeva queste bibliografie uno strumento assai complesso da elaborare. Costituivano un servizio prezioso, non a caso amato e conservato nel circuito dei collezionisti, che su queste potevano costruire il proprio strumento per eccellenza: le mancoliste, bussole per orientare la ‘caccia’ ai prodotti mancanti con cui completare le collezioni.

All’epoca, queste bibliografie non venivano nemmeno chiamate così. Le si chiamava “cronologie”. Molto spesso si chiamano ancora così: nella saggistica sul fumetto, invece che bibliografie o filmografie, si trova(va)no le “cronologie”. Questa denominazione era – e qui inizia la mia tesi su questo aspetto – ancora più precisa: metteva in chiaro che si trattava di uno strumento di consultazione utile a ricostruire la successione storica delle serie, dei lavori degli autori, delle pubblicazioni degli editori. Anche in questo volume su Morrison l’obiettivo è lo stesso: fornire una lista in grado di mappare l’intero percorso della carriera dell’autore. Scrivono gli autori: “si è deciso di presentare un elenco delle opere divise per “periodo” (in accordo alla trattazione seguita da questo libro)“. Bene. Come si presenta, dunque, questa bibliografia? [NB: appena riesco, metto una scansione] Non certo come un nudo elenco, ma come un impianto articolato, fatto di categorie entro cui è organizzato il vero e proprio elenco:

  • i capitoli del libro sono 11, ma la bibliografia è divisa in 8 parti (chiamiamole “sezioni”)
  • Queste sezioni non accorpano i capitoli del libro, ma seguono altri criteri.
  • I criteri sono inizialmente storici (prima sezione: “gli esordi”)
  • poi diventano geografici (seconda sezione: “la consacrazione inglese”, terza: “la consacrazione americana”)
  • poi saltano un po’ indietro un po’ avanti (sezione “interludio anglo-americano”)
  • poi diventano editoriali (“the invisibles”, “dc/vertigo oltre invisibles”, “alla marvel”, “back to DC”)

Inoltre, un dettaglio che non è un dettaglio: ogni sezione possiede delle sottosezioni. Sono le testate, o le serie su cui Morrison ha lavorato. Esempio: gli esordi è diviso in “Near Myths”, “Warrior”, “2000 AD”, ecc.

E allora questo strumento prezioso diventa un gran casino. Non solo per ragioni di coerenza formale (che in uno strumento di consultazione dovrebbero essere decisivi). Ma perché viene meno il vero, antico obiettivo di questi strumenti: mappare un percorso storico, attraverso una completa ricostruzione cronologica del lavoro di un autore.

Esempio: Poniamo che voglia sapere cosa ha pubblicato Morrison l’anno prima di Invisibles. O cosa pubblicava (chessò) nel 1991 e, a distanza di 10 anni, nel 2001. In una normale filmografia o bibliografia basterebbe scorrere la lista. Qui, invece, diventa un lavoro demandato al lettore, che deve ricostruire, annotare, saltare di categoria in sottocategoria, spulciare nelle parentesi a destra dei tanti titoli, per leggere in che anno usciva Kid Eternity 3 o “Fallen Angel” su Doom Patrol. Insomma, c’è il rischio di perdersi.

In questa organizzazione complessa e in cui si incrociano – contraddicendosi, con continui avanti-e-indietro nel tempo – varie categorie, l’idea che ne esce sconfitta è proprio quella che sembrava essere quella “originaria”: mettere a disposizione una mappa della successione delle opere. Il che pone una questione culturale non banale e non scontata, che non riguarda solo questo caso, ma tantissimi altri (penso ai pure ottimi volumi Hamelin/BlackVelvet su autori italiani come Magnus, DeLuca ecc.): l’assenza di un reale e chiaro criterio bibliografico standard. Ovvero, banalmente: cronologico in primis – e non cronologico in secundis. Una questione che ha due risvolti:

  • da un lato dimostra che occuparsi di fumetto non è cosa semplice: se la bibliografia di un romanziere può facilmente essere raccolta in una lista cronologica di opere, relativamente breve, la bibliografia di un fumettista seriale è spesso più complicata da stilare, perché non può tenere conto contemporaneamente della cronologia della serie e del pubblicato dell’autore;
  • dall’altro che l’assenza di bibliografie realmente cronologiche pone, a sua volta, problemi alla ricerca: diventa difficile stabilire connessioni, ricostruire contesti e momenti storici.

La tendenza storica, rappresentata da questo – peraltro utile – volume, è quindi quella di privilegiare la successione delle serie (cronologia ‘interna’ ai prodotti) alla successione del materiale pubblicato (cronologia ‘personale’ dell’autore). Una tendenza che oggi, in una fase in cui la consapevolezza culturale sul fumetto si è certamente accresciuta, sarebbe bene lasciarsi alla spalle. Per progettare strumenti bibliografici magari un po’ più complessi da realizzare (esempio: stilare doppie bibliografie, per anni/mesi distinta da quella per serie/opere), ma certamente utili a fare passi avanti, verso una migliore ricostruzione delle linee di sviluppo dei prodotti e delle opere che meritano la nostra attenzione.

7 Risposte

  1. Non sono d’accordissimo. Tendo a preferire una bibliografia ragionata a un mero elenco, in particolare se l’elenco lo si può reperire su internet con grande facilità: http://www.comicbookdb.com/creator_chron.php?ID=3
    Certo, in linea di massima la precisione è d’obbligo, ma, personalmente (forse proprio perché disponevo già della cronologia completa), non ritengo la bibliografia di questo specifico testo in difetto, anzi… ha il merito di fornire al lettore uno strumento di orientamento.
    Forse, questo sì, era il caso di inserire ANCHE il listone. Ma da qui al “pasticciaccio brutto” ne passa.

  2. Matteo,

    premesso che non ti dò torto in assoluto (forse perché a me della bibliografia frega relativamente, soprattutto di un autore per lo piú seriale con quasi 30 anni di attivitá alle spalle), alcune precisazioni:

    1) è un po’ capzioso dire: “I criteri sono inizialmente storici (prima sezione: “gli esordi”)… poi diventano geografici. Chiunque sa (soprattutto se ha letto il libro, che, come naturale, Morrison ha prima esordito in patria, poi si è affermato e poi ha fatto il salto verso le platee USA. Questa mi pare tirata per i capelli;
    2) nell’analisi manca il dato delle 336 pagine del libro, di cui (vado a memoria) una settantina sono solo di bibliografia. Farla doppia, al di là che possiamo avere sbagliato criteri, è un nonsense, sia editoriale che commerciale;
    3) la bibliografia non viene mai presentata come strumento essenziale (anche perché nell’era di internet sarebbe un po’ ambizioso), ma come un extra (e ce ne sono altri, come la più lunga intervista mai vista in italiano;
    4) il “completa” della bibliografia non è provincialismo, ma si riferisce al fatto che prendiamo in esame anche le opere non fumettistiche, per inquadrare meglio il Morrison-autore (anche se il focus è sul fumetto);
    5) magari la metodologia zoppica ma poi c’è anche chi (a naso direi la maggior parte dei potenziali lettori) preferisce il ragionato al cronologico: data la natura del libro, ha più senso pensare alle sovrastrutture o a chi il libro poi lo compra?

    Saluti,

    Antonio

    • 1: non e capzioso, ma evidenziare come i criteri non sono omogenei. E occhio: molte sezioni iniziano con date di opere che hanno date successive alla sezione precedente. Questo è il problema che pongo: la scelta di non seguire una rigorosa cronologia, privilegiando un mix tra fasi di carriera e collaborazioni editoriali. Non è un criterio che giudico illegittimo (la carriera di morrison la conosco bene) ma che aiuta da un lato, ma non aiuta da altri.
      2 l’ho detto che sono scelte difficili. Ma non sarebbe un raddoppio di pagine: senza le sovracategorie si sarebbero risparmiati spazi
      3 lo so che è un extra. Ma visto che c’è, e che mi pone problemi non semplici e non banali (bada bene: come ho detto, potrei citare dozzine di esempi) ne ho parlato.
      4 provincialismo? Non l’ho scritto e non lo penso: perché mai?
      5 bene, anche io penso a chi lo compra, e lo ritiene un utile strumento di consultazione, più che una amena lettura narrativa, e questo comporta porsi problemi tecnici (di tecnica bibliografica) non immediati

      Ciao

  3. 1) Certo che i criteri non sono omogenei, che ci sono errori (tipo le sottosezioni che non corrispondono ai capitoli) e certo che il criterio non aiuta da un lato. Ma in alcuni casi (come quello specifico di prima), ci si può passare sopra, penso. Ferma restando la legittima possibilità di critica e la capacità di azzeccare i punti di discussione, come nel caso della bibliografia. Parentesi: se la cosa può aiutare ad aprire un dibattito più ampio, sono contentissimo.
    2) Boh, su questo non sono sicuro. Se si scegliesse il criterio puramente cronologico, negli anni in cui Morrison ha scritto molto, lo spazio si raddoppierebbe eccome.
    3) E hai fatto bene a parlarne. Le scelte metodologiche, anche quelle confuse o meno riuscite, sono fatte per essere criticate. Su questo non c’è il minimo problema.
    4) Intendevo dire che non volevamo darci un tono.
    5) Beh, il libro vorrebbe essere più di una amena lettura narrativa: propone tesi interpretative delle opere, svela il quadro globale della carriera di Morrison, intervista praticamente tutti i collaboratori più importanti dello sceneggiatore, oltre a lui stesso. Parla del rapporto magia-scrittura evitando l’approccio folkloristico spesso letto per altri autori britannici. Ma non vorrei sembrare troppo presuntuoso. Peccato per la bibliografia, dirai tu.

    • 1 certo. Ma non capisco quali sarebbero i casi in cui passarci sopra. E spero tu non alluda a questo 😉
      4 mai detto. Mai pensato.
      5 Ho espresso un giudizio su un dettaglio, e solo di questo ho parlato. Perché mi ha offerto una occasione per parlare non di un libro, ma di un tema più ampio.

      Sgombriamo il campo da un rischio: nessuno ha inteso il mio post come giudizio sul libro in toto, vero? Nemmeno uno degli autori, vero? 😉

  4. Sgombriamo il campo da un rischio: nessuno ha inteso il mio post come giudizio sul libro in toto, vero? Nemmeno uno degli autori, vero?

    Io personalmente l’ho inteso per quello che (penso) sia: un post sul problema delle bibliografie, prendendo spunto dalla nostra, che hai trovato discutibile e/o fallata e/o contraddittoria (come è giusto che sia), pur riconoscendo quali scelte hanno portato a certi difetti (mi pare di capire).
    Dopodiché, ripeto, sebbene il tuo discorso sui criteri mi piaccia e abbia anche senso per allargare il dibattito(come mi pare traspaia dal post), penso che il concetto da te espresso fosse abbastanza forte anche senza aggiungere il pezzo sui criteri temporali che diventano geografici, che mi sembrava invece debole. Ma mi sto ripetendo. 🙂

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