Buon senso 2.0

Sono d’accordo con l’amico Paolo che, al ritorno dalle vacanze, ha scritto:

Pare che una delle mode più fiche dell’estate prevedesse il distacco dalla tecnologia. Il nuovo intellettuale organico alla società e always on, e per essere hype, doveva stare lontanissimo dalla sua tecnologia. Senza rete per una settimana, 15 giorni, addirittura un mese: niente web browser, niente posta sul cellulare, niente feed reader, niente di niente. Io pure sono stato per 3 settimane col pc spento. Credi che mi senta meglio? Credi che le mie sinapsi finalmente alle prese con un mondo monotasking abbiano potuto maturare riposo e serenità? Credi che mi sia spurgato dalla terribile dipendenza da mail e messaggi quasi attraversando un rito di passaggio dagli imprevedibili esiti antropologici? Manco per niente!

La questione è seria. Ma anche no. Descritta in termini scientifici, pare un’improvvisa diffusione di massa dei deprivation studies. Detta in altri termini: sembra che un nuovo ingrediente si sia aggiunto al vecchio buon senso. Il “Buon Senso 2.0” prevede un nuovo precetto, che suona più o meno “vedrai, stare un po’ lontano da Internet fa solo bene”. Mi aspetto di trovarlo da un giorno all’altro nella App “Rimedi della Nonna“.

Nel mondo del fumetto ha fatto molto parlare l’iniziativa di un bravo autore nordamericano, James Sturm, che ha raccontato e disegnato per il sempre brillante magazine Slate il proprio lungo, liberatorio e contraddittorio periodo di “astinenza da Internet”:

Gli ultimi 10 anni sono stati come in una nebbia. Ho avuto due bambini, ho prodotto diversi graphic novel, mi sono trasferito nel Vermont, ho comprato una casa, e ho avviato una scuola: un corso di diploma universitario biennale per fumettisti, in un piccolo paesello di provincia. Avrò 45 anni ad ottobre, e la mezza età si porta l’orribile sensazione che il mio tempo sulla terra sia ormai troppo breve e – biologicamente parlando, almeno – d’ora in poi sia tutto in discesa. […] Ho iniziato a chiedermi se questa sensazione possa essere collegata a tutto il tempo che trascorrono online. […] Circa un mese fa, ho iniziato seriamente a pensare di andarmene offline per un lungo periodo di tempo.

Anch’io, ammetto, sono stato lontano dal pc. Per un mese. Il tempo di fare un buon viaggio. Ma mica mi sono allontanato troppo da Internet. Su questo blog forse non si è notato: per quasi 4 settimane i post che sono apparsi erano stati tutti (tutti) pre-programmati. Solo da tre giorni ho ripreso a bloggare e twittare, ma non ho certo mai interrotto, come in una “apnea digitale”, l’abitudine di leggere email, consultare feed, navigare. Se era possibile, bene; sennò, ciccia. Insomma: e allora? James: non ti sembra di esagerare?

Perché mai privarsi di Internet? Privarsi di connessione è, oggi, non solo complicarsi la vita logisticamente (come trovo quella cosa? mi serve quell’indirizzo; quel n. di telefono; devo prenotare un volo/hotel; voglio salutare quell’amico/a senza spedire cartoline; voglio leggere notizie italiane anche se sono in capo al mondo). E’ anche un discutibile voltafaccia sociale e identitario: un modo per tagliare i ponti con gli stessi bisogni a cui, pre-Internet, si badava in altro modo. O almeno, un modo per sbattere la porta di fronte alla via più semplice – rapida, ubiqua – per soddisfarli. Chiacchierare, salutare, leggere, guardare – insomma: comunicare, gestire relazioni e fruire contenuti. Dunque ok, capisco gli eccessi. Ma privarsene come un precetto buono “in sè”, è come tornare alla nonna e al suo “metti la maglia di lana”. Sconsigliabile, Futile, Detestabile.

Inciso scientifico-accademico. Per detestabile intendo anche che ci vedo la riproduzione sociale di certe liturgie para-ideologiche, che mescolano snobismo e etica del sacrificio, quasi sempre in forme vuote e fuori luogo. Sono gli effetti collaterali implicati nell’ascesa della cyberborghesia che ben racconta Giovanni Boccia. E toccherà pure riflettere su questo, Giovanni: cosa produrrà l’avvento di una “ideologia della classe cyber-borghese”?

Bentornati stabilmente online a tutti, dunque. Me incluso. Ci attende un autunno pieno di cosucce e novità. Anche “di un certo peso” – sempre come diceva la nonna, s’intende. E poi ci sono state certe discussioni (caso-Mondadori, tavola rotonda lucchese) su cui tocca smentire chi scrive che il silenzio di alcuni blog “potrebbe essere ancora più significativo degli interventi fin qui pronunciati”. Smentire, sì. Beh. Mah. Forse 😉

Grazie per non avermi fatto mancare commenti, segnalazioni, stimoli (e saluti). E benvenuto ai nuovi arrivati (chi l’avrebbe mai detto: agosto è pieno di gente che si abbona ai feed o a twitter… ma come: non eravate tutti “lontano da Internet”?). A differenza dei tanti autori impegnati al tavolo a disegnare, io mi sono riposato per davvero, restando senza scrivere nulla per settimane >> e questa sì, vera astinenza. Ma da domani qui “si va avanti!”, come ha detto il leader politico italiano più chiacchierato dell’estate. Giovedì o venerdì arriva un reportage dalla Malesia. Weekend relax. Poi le news.

Ora posso dirlo: tranquillizzatevi, qui non troverete in futuro imperdibili post dagli illuminanti titoli “buone vacanze”, “chiuso per ferie”, “scusate se il blog latita”. Il Buon Senso 2.0, qui, forse scarseggia: ogni tanto sono online, ogni tanto no. Senza troppi cartelloni&segnaletiche; soprattutto, senza farne un dramma. Capito, James?

Nonna: dicevi?

10 Risposte

  1. […] This post was mentioned on Twitter by Antonio Dini, Matteo Stefanelli. Matteo Stefanelli said: Buon senso 2.0: http://wp.me/pzGWE-D6 […]

  2. Siamo nel 2010, e c’è ancora gente convinta che il problema sia internet, e non l’uso che se ne fa. Comunque, grazie per avermi fatto scoprire media-mondo, è un blog molto interessante. Aspetto trepidante i tuoi prossimi post!

  3. Siamo nel 2010 e c’è ancora gente convinta che il problema non sia Internet ma solo l’uso che se ne fa. Come se Internet non modificasse tutto il contesto delle scelte che facciamo. E poi ci si lamenta se a occuparsi della Rete sono i cattivi ‘politici’ che non la conoscono: in realtà nemmeno quelli che credono di conoscerla ne capiscono qualcosa.

    • Mi pare che stiamo facendo due discorsi diversi. Banalmente, è ovvio che internet sta cambiando tutto, ma trovo sbagliato incolpare internet quando il problema è la persona. Esempio classicissimo: “uh, da quando c’è facebook passo le mie serate a cazzeggiare!” soluzione a questo enorme dilemma: la sera spegni facebook. E ce ne sarebbero tante… mi rendo conto che la risposta è molto semplificata ma anche il tuo commento lo era 🙂

  4. ah ah… mica detto che mi riferissi necessariamente a te quando scrivevo quel post… forse sì, forse no… mica sei tenuto a dare un’opinione su tutto…
    cmq sempre complimenti per gli ottimi post!
    😉

  5. privarsi di internet continuando a desiderarlo è solo fare del male a se stessi. casomai sarebbe da vedere se si può riuscire a non averne più bisogno.

  6. @brendon: grazie e sì, media-mondo è assai “nutriente”.
    @micgin: 😉

    e poi: il problema è un po’ un classico. Certamente i media non sono mai “neutrali”. Ma la differenza la fanno anche i bisogni e le esigenze da soddisfare. In una formula: contesto, contesto, contesto 😉

  7. Quando ci sono dei meriti, veri o presunti, Internet se li prende tutti. Quando ci sono dei problemi, veri o presunti, la colpa va a qualcun’altro, al contesto, alla società, alla politica, alle persone che non sanno gestirsi…
    Chiaro che, da queste basi, qualsiasi discorso serio sulla Rete ed i suoi effetti è subito ‘dead in the water’ perchè tutta una serie di risposte è immediatamente cassata, per principio. Specie poi se il discorso è online…
    Ultimamente qualcuno sta cominciando a ragionare in termini un po’ più realistici: Nicholas Carr, Evgeniy Morozov, Jaron Lanier…
    Di recente, già che si parla di fumetti, ho letto ‘Other Lives’, di Peter Bagge che mi è piaciuto parecchio (lo leggevo molto negli anni Novanta poi l’avevo un po’ lasciato perdere). A giudicare dalle reazioni in Rete molti non hanno gradito che Bagge sembrasse suggerire che non tutto sia bello e meraviglioso e vitale nel passare la vita online…

    • Il fatto è che siamo ancora in un mondo “ibrido”: la rete è a disposizione di chi vuole usarla, ma chi non vuole usarla non è tenuto a farlo. Non siamo ancora nel futuro di Wall-E, per fortuna. E’ ovvio che internet non è perfetto, è ovvio che sta cambiando tutto sia in positivo che in negativo. Solo che se uno passa le sue giornate davanti al monitor, e poi sente il bisogno di staccare per un mese per “disintossicarsi”, uhm, beh, forse il problema è suo. Per il resto, mi piacerebbe approfondire con te questo discorso, ma finora ti sei tenuto molto sul vago e non so nemmeno bene cosa risponderti, visto che mi sembra di star parlando del nulla.

  8. Forse perchè nemmeno io sono ben certo di quel che sta accadendo. L’unica cosa cui mi sento di reagire è l’ottimismo automatico e, diciamolo, ideologico con cui si reagisce a ogni nuovo ‘progresso’ digitale, dando per scontato che dipenda solo da noi adattarci e godere dei frutti senza preoccuparci delle spine.
    Per esempio ci sono il rapporto strutturali fra Rete e instabilità dei mercati finanziari; la continua riduzione dell”attention span’ che non riguarda più solo i ragazzi; la delega di sempre più funzioni (per esempio la memoria) ad apparati esterni; l’effetto sulla conoscenza dell’abbondanza di informazioni – non sarà inversamente proporzionale?; la crescente polarizzazione della Rete intorno a pochi giganti (Google, Wikipedia, FB…); il crescente spossessamento dei content producer; il fatto, noto ma generalmente ignorato, che la Rete, come i media tradizionali, dipende dalla pubblicità con tutte le conseguenze del caso; il fatto, in arte, che l’abolizione dei filtri editoriali umani è tollerabile solo grazie alla creazione di nuovi filtri automatici; il fatto che la gente diventa sempre più scema (ok, quest’ultimo è un po’ così ma tant’è…)
    Un fatto è certo: dire che una cosa è a disposizione ma che nessuno obbliga ad usarla è grosso modo falso. Io per anni ho cercato di evitare di possedere un telefonino o di avere un conto in banca: sono stato costretto, per motivi di lavoro e famiglia, ad averli entrambi. Nel giro di un paio d’anni senza una carta di credito e un collegamento Internet sarà impossibile accedere alla maggior parte dei servizi, pubblici e privati. Non c’è davvero possibilità di scelta…

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